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Alfabetizzazione finanziaria

Sud-est asiatico: la finanza digitale è la chiave per l'inclusione finanziaria

I lavori del 32° summit dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN), che si è tenuto dal 25 al 28 aprile scorsi, hanno riflesso le priorità attribuite all’organizzazione dalla presidenza di turno, che quest’anno spetta a Singapore. La città-Stato ha assunto la guida dei lavori promuovendo una doppia parola d’ordine: “Resilienza” e “Innovazione”. Singapore punta infatti a proporsi come modello di sviluppo sul piano della pianificazione, delle tecnologie urbane e dei servizi finanziari digitali (Fintech). Questo innovativo settore, assieme a quello delle cripto-valute, è oggetto di un accordo di cooperazione sottoscritto lo scorso ottobre dalle banche centrali e dai regolatori finanziari di Singapore e Hong Kong; i due centri finanziari asiatici, caratterizzati da una tradizionale rivalità, hanno scorto proprio nella digitalizzazione un piano di potenziale cooperazione mutualmente benefico. Queste realtà avanzatissime convivono nella regione con altre, caratterizzate invece da una relativa arretratezza in termini di inclusione e alfabetizzazione finanziaria. L’Asia-Pacifico ospita oggi 25 paesi, circa un quarto della popolazione mondiale e un quinto degli individui con reddito giornaliero inferiore a due dollari; soprattutto, stando ai dati forniti dalla Banca mondiale, vive in quella macro-area un quarto degli adulti sprovvisti di conto bancario.

 

Il Sud-est Asiatico ha compiuto progressi significativi e generalizzati verso l’integrazione finanziaria nell’arco dell’ultimo ventennio, e in particolare negli anni più recenti. Lo attestano uno studio pubblicato quest’anno dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), intitolato “Financial Inclusion and Consumer Empowerment in Southeast Asia”, e l’ultima edizione annuale del Financial and Digital Inclusion Project (Fdip), curato dalla Brookings Institution. Proprio quest’ultimo rapporto analizza 21 paesi del globo sulla base di quattro criteri fondamentali: l’impegno nazionale (“Country commitment”) all’integrazione finanziaria; lo sviluppo e la capacità del mercato della telefonia mobile (“Mobile capacity”), cruciale per la diffusione di sistemi di risparmio e pagamento digitale tramite smartphone, e degli innovativi servizi ad essi connessi; l’ambiente regolatorio (“Regulatory Environment”); e, infine, l’adozione (“Adoption”), ovvero la domanda di servizi finanziari e digitali in quei paesi. Tra i paesi asiatici oggetto dello studio figurano Filippine, Indonesia, Bangladesh e Vietnam, che costituiscono casi di studio emblematici delle vaste differenze che caratterizzano i mercati della regione.

 

Le Filippine, ad esempio, vantano un ambiente normativo di livello elevato e un forte impegno istituzionale all’inclusione finanziaria, ma sono penalizzate da barriere geografiche che ostacolano le economie di scala, e dunque la crescita del mercato nazionale. Appena il 31 per cento della popolazione adulta è titolare di un conto bancario, ma ciononostante il paese figura al primo posto nella graduatoria tra gli Stati del Sud-est asiatico oggetto dello studio. Il Bangladesh, d’altro canto, è un paese che esibisce un rapido tasso di crescita in determinati campi, come quello della diffusione delle utenze di telefonia mobile, che potrebbe costituire la base di partenza per l’ulteriore sviluppo di uno trai più arretrati mercati della regione. Il paese è caratterizzato da un elevato tasso di consapevolezza, ma da un livello ancora molto basso di alfabetizzazione finanziaria. L’Indonesia, infine, ha compiuto importanti progressi nel campo della regolamentazione e dello sviluppo dell’ecosistema tecnologico e dei servizi – ad esempio sul fronte dell’interoperabilità delle piattaforme di pagamento per mobile – ma presenta ancora una forte dipendenza sistemica dal denaro contante, che frena la diffusione dei servizi finanziari digitali.

 

Ciò che sembra accomunare il Sud-est asiatico nel suo insieme, invece, è il sostanziale superamento di molte delle fondamentali barriere all’inclusione finanziaria individuate dalla Banca mondiale nei paesi in via di sviluppo; tra questi, la scarsità di documenti di identificazione validi, la regolamentazione a protezione dei consumatori e l’“utilità”. Come sottolinea a questo proposito la Banca mondiale, l’apertura di conti bancari è sintomatica di un vero progresso solamente se “costituisce il primo passo e (….) la soglia verso altri prodotti finanziari, come piani di risparmio, credito e assicurazioni”. Uno studio pubblicato lo scorso anno dalla Banca asiatica di sviluppo (ADB) sottolinea la duplice peculiarità assunta dalla sfida dell’integrazione finanziaria nel Sud-est Asiatico. L’ASEAN, proprio per il suo ecosistema mobile già sviluppato, pare posizionata per trarre particolare beneficio da quella finanza digitale che proprio con la presidenza di Singapore sembra aver assunto il carattere di priorità strategica. Secondo le stime formulate dall’ADB, sulla base di consultazioni con decine di attori in alcuni dei principali mercati di quell’area, la finanza digitale potrebbe contribuire al prodotto interno lordo (Pil) dei paesi ASEAN in una misura compresa tra il 9 e il 14 per cento, persino in economie già relativamente sviluppate come Indonesia e Filippine. Proprio l’integrazione finanziaria, nella sua declinazione digitale, potrebbe garantire così che il Sud-est Asiatico si confermi in futuro uno dei principali motori dell’economia globale.