Aquila e leone: identità di una Compagnia internazionale

Il primo emblema di Generali fu l’aquila bicipite, simbolo dell’Impero asburgico , accordatole in privilegio con sovrana risoluzione del 25 gennaio 1833.  Ma, a tutt’oggi, l’effigie più nota dell’azienda è il leone alato, simbolo di Venezia, che tiene le zampe posteriori nell’acqua e quelle anteriori sulla terra, a simboleggiare il dominio anfibio della Serenissima. Come fu allora che Generali passò dall’aquila al leone? Per capirlo, bisogna ragionare sulla posizione di Trieste.

Tra Sette e Ottocento, la città era diventata uno degli empori commerciali più importanti dell’Europa sud-orientale. Carlo VI d’Asburgo, per valorizzarla quale sbocco naturale al mare del suo regno, le aveva concesso nel 1719 la patente di porto franco, con una serie di privilegi e di misure economiche, giuridiche e amministrative che l’avevano rinnovata totalmente. Il porto franco di Trieste era in grado di attirare imprenditori e creare una nuova economia degli scambi. Accordava infatti tariffe vantaggiose per l’esportazione e forniva collegamenti rapidi con il Levante e l’Italia centro-settentrionale, nonché con l’entroterra dei paesi austriaci. Negli anni Venti dell’Ottocento, il progresso scientifico consentì di superare i limiti geografici e al rapido sviluppo delle ferrovie si accompagnò quello della navigazione a vapore. Il Lloyd austriaco, tra le più antiche compagnie di navigazione al mondo, era sorto nel 1836 a Trieste, scelta anche come sede centrale di Generali proprio per la sua posizione strategica.

Aquila e leone: identità di una Compagnia internazionale


Contratto sociale delle Assicurazioni Generali Austro-Italiche (Trieste, 26 dicembre 1831)
Archivio Storico Assicurazioni Generali
ph. Massimo Gardone

 

Giuseppe Lazzaro Morpurgo, mente della nuova impresa, era persuaso della funzione sociale svolta dalle assicurazioni private, e supportò il crescente impulso mercantile con adeguate strutture assicurative, impegnandosi in tutte le forme di assicurazione trasporti, non solo quelle marittime. L’impresa fece un ulteriore salto di qualità quando si dedicò a rami multipli, compreso il settore vita, e si rivolse ad ampi mercati di esercizio – propositi ben riassunti nella scelta della denominazione sociale di Assicurazioni Generali Austro-Italiche. L’aggettivo “Generali” dimostra che non voleva limitarsi alle assicurazioni tradizionali, ma estenderle a qualsiasi altro ramo permesso dalle leggi, mentre l’appellativo “Austro-Italiche” è indicativo anche dei paesi nei quali la società si proponeva di sviluppare la propria attività. 

Tale denominazione, dimostrava l’aspirazione di Generali a unire interessi, luoghi e persone, rivolgendosi sia all’Impero asburgico che agli Stati italiani. A riprova di ciò, l’impresa aveva costruito tutta la struttura organizzativa, sociale e finanziaria su due pilastri portanti, la Direzione centrale di Trieste - competente per la Monarchia e l’estero - e la Direzione di Venezia -  con responsabilità sulla penisola italiana,  sedi che nel 1831 appartenevano dal punto di vista politico a realtà amministrative diverse pur all’interno dell’Impero: Trieste alla Monarchia asburgica, Venezia al Lombardo-Veneto.
Ma dal Lombardo-Veneto, in pieno Risorgimento, si udì il ruggito del leone. Venezia insorse contro gli austriaci, instaurando, nel marzo 1848, la Repubblica di San Marco. E bisogna sapere che accanto a Daniele Manin, a Niccolò Tommaseo e ad altri capi della rivolta, operarono importanti esponenti della Direzione veneta di Generali, come Leone Pincherle amico personale di Manin, Isacco Pesaro Maurogonato e Daniele Francesconi.

Dopo i moti del 1848 Generali eliminò per pragmatismo dalla ragione sociale l’aggettivo “Austro-Italiche”, e successivamente la Direzione veneta adottò il leone di San Marco come segno di riconoscimento nei propri territori di operazione. L’uso del leone marciano sembra risalire al 1860. Da quell’anno si fa uso del leone con una certa regolarità su polizze e carteggi emanati in territorio italiano. La Direzione centrale di Trieste, sita in territorio imperiale, continuò a impiegare l’aquila bicipite fino alla Grande Guerra. L’uso del leone avvenne con gradualità e inizialmente solo su alcuni tipi di documenti.

Il passaggio dall’aquila al leone è solo un esempio dell’apertura di Generali ad altre culture. Il contesto mitteleuropeo in cui sorse l’azienda rappresentò un notevole vantaggio, sia per l’espansione della società nel mondo sia per l’attività assicurativa stessa, ma fu grazie ai principi di condivisione che Generali poté offrire servizi ai traffici marittimi e terrestri con l’Impero e, al contempo, espandere l’attività nel mercato interno . All’inizio degli anni Ottanta del XIX secolo, raggiunse un’articolazione geografica talmente estesa da richiedere una nuova strategia organizzativa: si scelse la via dell’istituzione di compagnie affiliate, a volte specializzate in determinati rami di attività, con a capo giovani formati in azienda, che portavano lontano i valori e le conoscenze di Generali.

A pochi anni dalla fondazione si svilupparono agenzie in tutto l'Impero asburgico, nella penisola italiana, negli stati tedeschi e nei principali porti europei. L’esperienza maturata sul piano internazionale e la solidità ormai acquisita portò un nuovo slancio a partire dagli anni Settanta fino alla fine del XIX secolo, in particolare verso le piazze anglosassoni.

Negli anni Cinquanta del XIX secolo, Generali era la maggiore compagnia di assicurazione dell’Impero e nel 1870 si confermò anche come la prima compagnia in Italia.Quella crescita da capogiro, tuttavia, non le diede le vertigini, perché sostenuta da due ali robuste: apertura e condivisione, un’idea radicata nell’azienda a partire dalla sua fondazione. Una regola per cui, dove volava l’aquila, poteva volare anche il leone.