Le molte luci (e qualche ombra) di Singapore

Nel suo libro “Un indovino mi disse”, uscito nel 1995, il giornalista e scrittore italiano Tiziano Terzani aveva definito Singapore un’isola che “funziona ad aria condizionata”. In effetti, già nel secolo scorso, passeggiare per le strade della piccola città stato era un’esperienza unica in Asia: l’aria condizionata che usciva dalle porte di banche, negozi, centri commerciali (i primi) finiva a rinfrescare l’aria sui marciapiedi. E se avevi una necessità, in quell’epoca in cui il cellulare non era ancora alla portata di tutti, bastava entrare in un qualsiasi esercizio commerciale per telefonare gratuitamente. Le strade erano così pulite da sembrar lucidate e buttarci un mozzicone di sigaretta equivaleva a una multa salatissima. Allora Singapore stupiva per la pulizia e i grattacieli modernissimi, permeati però da un’atmosfera esotica che si perdeva nei vecchi quartieri coloniali o nei ritrovi al Raffles Hotel per bere un Singapore Sling. Ma dagli anni 2000 la città stato ha smesso di essere solo una curiosità.

Per molti Paesi è diventata un modello e nel contempo il suo ruolo è cambiato: da solo hub portuale a scalo internazionale che  serve più di 100 compagnie, oltre 62 milioni di passeggeri e muove più di 2 milioni di tonnellate di merci aviotrasportate. Da centro di produzione ad alta intensità di manodopera è diventata centro di fabbricazione di prodotti ad alto valore aggiunto. E inoltre è ormai il primo Paese in Asia per infrastruttura digitale, collegato a 23 cavi sottomarini attivi e con una velocità tra le più elevate al mondo della banda larga. Si potrà obiettare che è facile in una località con una superficie di soli 725 km e una popolazione che non arriva a sei milioni dei quali oltre il 30% non è cittadino ma solo permanent resident. Ma non è nemmeno così scontato  arrivare a essere un centro finanziario, commerciale e tecnologico che colloca Singapore tra le città più ricche e innovative del pianeta. Il suo segreto è forse legato a un mix tra ruolo dei privati e protagonismo  dello Stato in  un difficile equilibrio tra democrazia e autoritarismo, condito da una vocazione alla stabilità politica divenuta un dogma fondamentale.

Il successo di Singapore dipende dunque da quello che il South China Morning Post ha chiamato “un triangolo di ferro tra governo, capitale privato e corporation” che Zen Soo e  Chua Kong Ho riassumono così : https://www.scmp.com/tech/enterprises/article/3026044/creating-innovation-culture-singapores-not-so-secret-formula  “Politiche aperte per le imprese, un approccio coordinato tra università e aziende private per fornire una forza lavoro qualificata e infine un'alta qualità della vita per attirare imprenditori mobili a livello globale e talenti di alto livello”.

Il  15 giugno 2020, il Paese ha iniziato la fase due del suo approccio in tre  fasi per riprendere le attività dopo la crisi Covid-19 che, se non è ancora finita, è stata fin dall’inizio sotto controllo. Vede la ripresa della maggior parte delle attività, pur se soggette a misure di gestione sicure e a distanziamento fisico. Il governo  ha annunciato un nuovo piano da 23 miliardi di dollari di misure di sostegno per salvare il maggior numero possibile di posti di lavoro, un nuovo pacchetto che porta l’investimento del dopo Covid di Singapore a 92,9 miliardi di dollari, ovvero quasi il 20% del PIL. Ma i soldi non bastano. Il Singapore Economic Development Board (EDB) è l’agenzia governativa del Ministero del Commercio e dell'Industria  responsabile delle strategie per rafforzare la posizione di Singapore come centro globale per le imprese, l'innovazione e le start up con talento. Se adesso ci si può connettere rapidamente e senza sforzo alla  banda larga in fibra nazionale e a una delle reti mobili 4G più reattive al mondo, Singapore – sostiene EDB -  realizzerà reti 5G nel 2020, con una copertura che dovrebbe estendersi per almeno metà della città stato entro la fine del 2022.

Il tranquillo villaggio di pescatori, diventato in epoca coloniale  un hub commerciale è adesso quella che  Meg Whitman, CEO di Hewlett Packard Enterprise, ha definito una "Silicon Valley in miniatura", con  una presenza di 80 delle prime 100 aziende tecnologiche al mondo. Secondo le stime di JLL's Innovation Geographies*, Singapore è la terza città più innovativa al mondo appena dietro San Francisco e Tokyo, sostenuta da livelli significativi di investimenti interni ed esteri e da una scena di start up in rapida crescita. Tutte luci?

Nei chiari oscuri dei luminosi successi della città stato c’è anche qualche buco nero. A dicembre 2019 la popolazione di lavoratori stranieri con visto non permanente a Singapore era di circa 1 milione e mezzo di persone. Molti di questi migranti provengono dalla Cina o da Paesi limitrofi ma non tutti godono di adeguate garanzie e diritti: gran parte di loro lavora nel settore chiave della cantieristica, spesso in condizioni di alto rischio. La riprova è stata il problema dei dormitori dove circa 300mila migranti sono stati rinchiusi durante la quarantena. Grandi edifici dove si è creato un sovraffollamento e le condizioni igieniche, la mancanza di test, l’aver a lungo ignorato il problema hanno trasformato questi centri in pericolosi focolai della pandemia. Singapore è corsa ai ripari ma con lentezza e dopo che il focolaio rischiava di espandersi. Se il triangolo di ferro - governo, privati e corportation – funziona, forse va aggiunto un quarto polo. La società nella sua interezza, anche per chi è solo di passaggio.

*Jones Lang LaSalle è una  commercial real estate services company americana