Investitore responsabile

Una cena di pesce… a base di plastica

Il mare sta diventando un deposito di spazzatura che prenderà il posto della fauna ittica

Nel giugno del 2017 il Segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha aperto a New York la prima conferenza mondiale sugli Oceani con un allarme: i mari, ha detto, “sono sotto minaccia come mai prima”. Ad ascoltarlo c’erano circa duecento tra ministri, diplomatici e ambientalisti che per cinque giorni hanno discusso dei rischi che corrono gli oceani. La base della discussione era un rapporto che parla molto chiaro: se non facciamo nulla per evitare che il mare diventi una discarica di plastica, nel 2050 ci sarà più plastica che pesce. E’ davvero la prima volta che la questione dell’inquinamento marino viene posta all'attenzione del mondo con tanto allarme. Sapevamo dell'innalzamento degli oceani e anche che la plastica forma addirittura un’isola nei mari caldi dove la corrente la trasporta creando una sorta di Stato insulare della plastica. Ma da qui a immaginare che nel 2050 anziché un branzino dovremo cucinare un sacchetto di plastica….

 

In realtà la sezione ambiente della Nazioni Unite aveva già lanciato un primo allarme lo scorso febbraio dando vita a una campagna internazionale per tentare di eliminare le principali fonti di inquinamento marino. Con un obiettivo: limitare microplastiche ed eccessivo utilizzo di plastica monouso entro il 2022. Lanciata al quarto Economist World Ocean Summit a Bali, in Indonesia, la campagna si chiama #CleanSeas e ha come obiettivo quello di incidere soprattutto sui governi perché si passi a una sistematica riduzione dell’uso della plastica cominciando dagli imballaggi industriali. Ma nel mirino ci siamo anche noi consumatori che dovremmo iniziare – e molti già lo fanno – a cambiare abitudini. A volte anche un semplice gesto individuale può avere infatti ricadute positive globali.

 

Le stime sull’uso e consumo di plastiche ci dicono che annualmente oltre 8 milioni di tonnellate di plastica si riversano in mare. Gli effetti sono devastanti e non solo per i danni alla flora marina e ai pesci. Gli effetti devastanti della plastica finiscono infatti a incidere anche sull’attività economica sia dei pescatori sia degli operatori turistici e una stima dei danni dice che ogni milione di dollari in plastica versato in mare costa agli ecosistemi marini l’equivalente di un miliardo. Gli studi dell’UNEP (l’agenzia Onu per l’Ambiente) ci mettono in guardia sul fatto che, come ha ricordato Guterres, nel 2050 ci sarà più plastica che pesce e che a quella data, se non si farà nulla,  avremo a che fare con il  99% degli uccelli marini che avrà ingerito plastica con rischio, per molte specie, di rapida estinzione.  Nel comparto commerciale è sotto accusa il settore degli imballaggi, ma anche l'industria cosmetica per via della produzione di microplastiche. In mare finiscono fino a 51 trilioni di particelle microplastiche – 500 volte più delle stelle della nostra galassia. Sono forse la più seria minaccia per la fauna ittica che spesso li ingerisce senza nemmeno rendersene conto.

 

Dieci Paesi sino ad ora hanno già aderito alla campagna lanciata a Bali dalle Nazioni Unite prendendo impegni per ridurre produzione e consumo di plastica. Ma non è molto su oltre 180 paesi che sono membri dell’Onu. Tra i virtuosi c’è l’Indonesia – il Paese ospitante dei Summit – che si è impegnata a ridurre la sua spazzatura marina addirittura del 70% entro il 2025; l'Uruguay tasserà invece i sacchetti di plastica monouso per disincentivarne l’uso e la Costa Rica adotterà misure per ridurre drasticamente la plastica monouso attraverso una migliore gestione dei rifiuti e programmi di educazione. Ma oltre ai Paesi, e dunque all’aspetto legislativo, è importante, sottolinea UNEP, che anche le aziende facciano la loro parte. Cita ad esempio DELL, un’importante firma nel settore tecnologico, che ha presentato a Bali una catena di produzione basata sul riciclaggio della plastica che è stata pescata nei pressi di Haiti. Il gigante dei computer userà la plastica oceanica recuperata per imballare i suoi prodotti. Toccherà poi a noi metterla nel corretto contenitore per smaltirla.