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It was an intense spring of mountaineering, followed by a very satisfying winter season, the autumn of my degree and daily rock training. It was the time of my first 3000m with sealskins, crampons and ice axe, of waking up long before dawn, of long days always outdoors, hands always dirty with magnesium, backpack always ready, keys to freedom in my pocket, adrenaline in my heart, fatigue as my companion and the view over the peaks.
I often relive that phone call: it came, expected more than ever (because I still remember how much I wanted to work at Generali), but also feared. What would my new limits be? Would someone be the master of my time? Would I have been able to cultivate my way of being, my lifestyle and, at the same time, the professionalism that I wanted so much to build? Should I have changed habits, cities, friendships? I was 26 years old and had already been working for 9 years, but this work would absorb me more than anything else.
I did not yet know what personal transformation awaited me, and what would be my path to becoming the woman I am today. And as I write, I can't help thinking about how extraordinary my career in Generali has been and continues to be, sometimes difficult and disturbing, but so full of satisfaction and intensely productive. Yeah, I changed my habits and cities. And also many friendships. Actually, there happened all these things that scared the hell out of me.
A mountaineer falls asleep at night in his sleeping bag, wondering if the mountain will let him through the next day: he has studied the route, imagined the belays, knows that he will be cold, that he will struggle, that the time will come when each step will seem like a thousand, and each pull on the rope will take him further and further away from the descent, from the valley, from home. This is how I have always done it, and this is how I imagined my path in Generals, marking the "key steps" as in a mountaineering report. But, as is often the case, it is only when we have climbed and descended many mountains, and look back with awareness and serenity, that we discover how much work we have really done, how much of us is still up there, and how much we carry with us, profoundly changed.
Today I am a passionate professional, proud of my choices and the energy I put into my work, which, together with my lifestyle, my values and my family, shapes who I am. Generali has been my Lifetime Partner for 14 years, the engine of my "continuous growth": I am surrounded by colleagues who have inspired and guided me, some of whom I have asked for advice and others whom I have perhaps supported. Today, my pen belongs to a larger story and traces some of its pages, because being a "storymaker" is not just a matter of words, but of instinct and thought.
And as I return to the mountains, today with my daughter in my hand and many memories in my heart, I think that it is with our authenticity, our differences, our passions and, above all, our stories that we build a great company every day, close to so many people, all as different as we are.
Happy one hundred and ninetieth anniversary, Generali!
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Risorse da Storymaker
La telefonata che confermava la mia assunzione in Generali arrivò il pomeriggio dell’11 aprile 2007 mentre stavo percorrendo la Cresta Sud Ovest del Monte Castello, sopra Limone del Garda nelle Prealpi Bresciane.
Era un primavera alpinisticamente intensa, seguita ad una stagione invernale di grandi soddisfazioni, all’autunno della mia laurea e dei quotidiani allenamenti su roccia. Era il periodo dei miei primi 3000 m con le pelli di foca, ramponi e piccozza, delle sveglie molto prima dell’alba, delle giornate lunghe sempre all’aria aperta, le mani sempre sporche di magnesio, lo zaino sempre fatto, le chiavi della libertà in tasca, l’adrenalina nel cuore, la fatica come compagna e lo sguardo sopra le vette.
Quella telefonata la rivivo spesso: arrivò, attesa più che mai (perché mi ricordo ancora quanto desiderassi lavorare in Generali), ma anche tanto temuta. Quali sarebbero stati i miei nuovi confini? Qualcuno sarebbe stato d’ora in poi padrone del mio tempo? Avrei saputo coltivare il mio modo di essere, il mio stile di vita e parallelamente la professionalità che tanto volevo costruire? Avrei dovuto cambiare abitudini, città, amicizie? Avevo 26 anni e lavoravo già da 9, ma questo lavoro mi avrebbe assorbita più di ogni altra cosa.
Non sapevo ancora quale trasformazione personale mi attendesse, e quale sarebbe stata la mia strada per diventare la donna che sono oggi. E mentre scrivo non posso non pensare a quanto straordinario sia stato e continui ad essere il mio percorso in Generali, a volte difficile e spiazzante, ma così ricco di soddisfazioni e intensamente produttivo. Si, ho cambiato abitudini e città. E anche molte amicizie. Sono in effetti capitate tutte queste cose che mi facevano una paura matta.
Un alpinista si addormenta la notte nel sacco a pelo chiedendosi se il giorno dopo la montagna lo lascerà passare: ha studiato il percorso, immaginato le soste, sa che avrà freddo, che farà fatica, che arriverà il momento in cui ogni passo sembreranno mille e che ogni tiro di corda lo porterà sempre più lontano dalla discesa, dalla valle, da casa. Io ho sempre fatto così, e ho immaginato anche il mio percorso in Generali, segnando i “passaggi chiave” come in una relazione di alpinismo. Ma come spesso accade, è solo quando si sono salite e scese molte montagne e ci si guarda indietro, con consapevolezza e con serenità, che si scopre quanto lavoro si è davvero fatto, quanto di noi è rimasto lassù, e quanto portiamo con noi, profondamente trasformato.
Oggi sono una professionista appassionata, sono orgogliosa delle mie scelte e dell’energia che ho messo nel lavoro che, assieme al mio stile di vita, ai miei valori e alla mia famiglia, dà forma a quello che sono. Generali da 14 anni è il mio Lifetime Partner, motore della mia “crescita continua”: ho intorno colleghi che mi hanno stimolato e che mi hanno guidato, alcuni a cui ho chiesto consigli, altri che, forse, ho supportato io. Oggi la mia penna appartiene ad una storia più grande e ne traccia alcune pagine, perché essere una “storymaker” non è solo una questione di parole, ma di istinto e di pensiero.
E quando ritorno sulle mie montagne, oggi con mia figlia per mano e molti ricordi nel cuore, penso che è con le nostre autenticità, le nostre differenze, le nostre passioni e soprattutto con le nostre storie che costruiamo ogni giorno una grande azienda, vicina a tante persone, tutte così diverse come lo siamo noi.
Buon centonovantesimo anniversario, Generali!