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Investimenti green e Cina: il primo mercato al mondo per energia rinnovabile

Dall'Europa agli Stati Uniti fino alla Cina, governi e compagnie guardano alle opportunità della svolta "green", resa ancora più urgente dalle sfide economiche poste dal Covid-19

La transizione energetica dai combustibili fossili verso le rinnovabili e risorse a basso contenuto di CO2 è ormai un trend consolidato che sta interessando sia l’industria che la finanza in Europa, nel Nord America e, soprattutto, in Asia. Infatti, è proprio dal continente asiatico, dove risiedono due dei Paesi più popolosi al mondo (Cina e India), che questo percorso sta trainando l’intero sistema energetico globale.

In questo contesto la Cina ha fatto importanti passi negli ultimi anni ponendosi rapidamente al primo posto per capacità installata di energia rinnovabile e divenendo il principale mercato a livello mondiale per investimenti green. Secondo dati dell’International Renewable Energy Agency (Irena), Cina e Stati Uniti sono stati i due mercati che hanno registrato nel 2020 una crescita eccezionale di energia rinnovabile. La Cina, in particolare, nel 2020 ha aggiunto 136 gigawatt (Gw) di energia rinnovabile di cui 72 Gw da eolico e 49 Gw da solare. Pur piazzandosi al secondo posto, gli Stati Uniti risultano particolarmente indietro rispetto a Pechino con 29 Gw di capacità rinnovabile installata nel 2020, circa l’80 per cento in più rispetto al 2019, di cui 15 Gw derivanti da impianti a energia solare e 14 Gw da eolico. La Cina risulta anche al primo posto, secondo dati di Irena, nell’espansione della capacità di bioenergia, aumentata di oltre 2 Gw nel 2020, unica aerea insieme all’Europa (+1,2 Gw nel 2020) che ha registrato un aumento rispetto al 2019.

La Cina, che ha annunciato la volontà di ridurre a zero le proprie emissioni di CO2 entro il 2060, ha poi proseguito gli investimenti green nel settore delle rinnovabili nonostante la crisi derivante dal Covid-19 che ha caratterizzato il 2020 colpendo anche i programmi della Belt and Road Initiative (Bri). In base ad un recente studio dell'Iigf Green Belt and Road Initiative Center presso la Central University of Finance and Economics (Cufe) di Pechino, gli investimenti green complessivi nella Bri nel 2020 sono stati infatti di circa 47 miliardi di dollari, un calo del 54 per cento rispetto al 2019.

Tuttavia, gli investimenti in energie rinnovabili come solare, eolico e idroelettrico hanno superato per la prima volta la classifica degli investimenti energetici all'estero, raggiungendo una quota del 57 per cento nel 2020 rispetto al 38 per cento del 2019. Secondo dati dell’istituto statunitense Enterprise Public Policy Institute, dal 2014 al 2020 gli investimenti green della Cina nelle energie rinnovabili nei progetti Belt and Road sono aumentati di quasi il 40 per cento, superando gli investimenti nell'energia fossile.

Importanti passi avanti per favorire il settore delle rinnovabili sono avvenuti anche sul piano finanziario e monetario. Seguendo l’esempio di altre realtà mondiali, tra tutte l’Unione europea, la Banca popolare cinese ha deciso di recente di adeguare il proprio quadro di politica monetaria includendo fattori legati ai cambiamenti climatici.

C
ome indicato il 20 marzo scorso dal governatore della Banca centrale cinese, Yi Gang, a Pechino sono in corso studi per esaminare la possibilità di includere i fattori del cambiamento climatico negli “stress test” delle istituzioni finanziarie. La Banca centrale cinese incoraggerà le istituzioni finanziarie a estendere il sostegno al credito per il controllo delle emissioni di carbonio attraverso l'adozione di tassi di interesse preferenziale, uno speciale strumento di prestito della finanza verde e l’aumento della quota di obbligazioni green. Inoltre, la Banca centrale ha in programma di limitare gli investimenti in attività ad alta intensità di carbonio, incorporando i fattori di rischio climatico nel quadro di gestione del rischio delle riserve di valuta estera. La Banca centrale cinese sta lavorando con le sue controparti europee per armonizzare le tassonomie e prevede di annunciare una tassonomia comune nel 2021.

In questo contesto, gli Stati Uniti stanno cercando di riguadagnare terreno rispetto a Pechino. Dopo il rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili a favore del comparto fossile durante la presidenza di Donald Trump, la nuova amministrazione guidata da Joe Biden è rientrata negli Accordi sul clima di Parigi e ha annunciato ambiziosi piani che prevedono un radicale sviluppo di mobilità elettrica, energie rinnovabili e reti elettriche. Il 31 marzo, il presidente Joe Biden ha presentato un piano infrastrutturale da 2,3 trilioni di dollari per espandere il settore delle energie rinnovabili e l'industria a impatto zero nel suo insieme, per azzerare le emissioni statunitensi entro il 2050. Il piano di Biden prevede inoltre la creazione di un nuovo credito d'imposta per sostenere la costruzione di linee di trasmissione ad alta tensione, la cui mancanza rappresenta infatti un ostacolo per lo sviluppo delle rinnovabili in aree anche remote. La proposta di Biden prevede anche un'estensione di 10 anni dei crediti d'imposta per realtà dei settori eolico, solare e delle batterie. Il presidente Usa ha anche chiesto al Congresso di sostenere incentivi fiscali che incoraggino più automobilisti ad acquistare veicoli elettrici. Tali crediti d'imposta sono attualmente valutati fino a 7.500 dollari per l'acquisto di un veicolo elettrico.