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Green New Deal: il piano di investimenti per un’Europa sostenibile

L’Europa si candida a divenire il primo continente al mondo a emissioni zero, impegnandosi al contempo a garantire la prosperità dell’economia dell’UE

Ridurre a zero le emissioni entro il 2050. È questo forse il principale e più ambizioso obiettivo che l’Europa si pone con il Green New Deal, il piano di investimenti che nelle intenzioni della Commissione europea permetterà di bilanciare le esigenze sia del clima che dell'economia, dimostrando come l'occupazione e la prosperità vadano di pari passo con le priorità ambientali. L’Unione intende inoltre diventare non solo un esempio per il resto del mondo, ma anche, in qualità di principale donatore di aiuti a livello globale, un traghettatore dei Paesi in via di sviluppo verso una crescita sostenibile. L’Europa, infatti, produce solamente il 10 per cento delle emissioni globali di C02 (4,11 miliardi di tonnellate metriche nel 2019), una piccola percentuale se confrontata con l’Asia, prima in questa speciale classifica con 17,27 miliardi di tonnellate. In questo contesto, l’Europa può giocare un ruolo cruciale per spingere il resto delle economie globali verso la neutralità carbonica, offrendo accesso a tecnologia e, soprattutto, strumenti finanziari.

Alla luce di ciò, risulta più che mai essenziale l’accordo da 1.800 miliardi di euro siglato il 10 dicembre 2020 tra i 27 Paesi membri sul bilancio comunitario 2021-2027 e quello sul Recovery fund, il pacchetto da 750 miliardi di euro per rilanciare l’economia continentale dopo la crisi del Covid-19 in un’ottica di sostenibilità ambientale. C’è di più: i 27 hanno infatti trovato un’intesa anche sulla lotta al cambiamento climatico che prevede un taglio delle emissioni di anidride carbonica fissato al 55 per cento entro il 2030. Si tratta sicuramente di un obiettivo ambizioso, visto che solamente un anno fa nel Green New Deal ratificato a Bruxelles si prevedeva una riduzione dell’inquinamento del 40 per cento. Non solo i fondi aiuteranno l’Ue a superare il danno economico provocato dal coronavirus, ma apriranno anche la strada a un'integrazione molto più profonda tra Stati membri e prepareranno il terreno per la transizione del continente verso un'economia a basse emissioni di carbonio, proiettandola sempre di più verso un ruolo di “hub” per la tecnologia e i modelli finanziari nel settore. L'Ue è infatti destinata a diventare il più grande emittente di obbligazioni “green” al mondo, con un terzo delle obbligazioni emesse classificate come rispettose dell'ambiente. In questo senso, l’Unione pubblicherà l'anno prossimo una tassonomia verde e uno standard di obbligazioni verdi, e si prevede che diventerà un modello per il mercato in rapida crescita.

Per quanto riguarda la tecnologia, l'Europa ha adottato misure per creare pari standard almeno nel mercato interno europeo, e il Libro bianco sui sussidi esteri di recente pubblicazione da parte della Commissione europea è un passo in questa direzione. Il Fondo per l'innovazione dell'Ue, inoltre, contribuirà a fornire alcune delle risorse di cui l'Europa ha bisogno per sostenere la ricerca e lo sviluppo. L'Europa sta poi lavorando per assumere il ruolo di guida a livello mondiale per la definizione di standard sulla tecnologia verde e rafforzare la propria posizione nella competizione con la Cina, Paese con i più alti tassi di emissione al mondo (28 per cento a livello globale): L’Ue vanta, infatti, la più rapida crescita degli investimenti in termini di tecnologia verde ed è leader nel solare e nell'eolico, ma anche nell'energia idroelettrica e nello stoccaggio delle batterie. L’Europa sta poi rivalutando i suoi criteri per il sostegno pubblico all’innovazione nelle tecnologie verdi o che portano a rompere la "curva energetica" di un consumo energetico sempre più elevato per l'elaborazione dei dati. Un esempio è dato dai sussidi per l'implementazione della tecnologia 5G, che sono fondamentali per una transizione verde di successo ma che l'Europa non ha necessariamente affrontato attraverso il paradigma climatico.

L’impegno a livello di singoli Paesi e di Commissione europea nella lotta contro i cambiamenti climatici, peraltro, ha portato a risultati concreti: l’Environmental Performance Index 2020, ad esempio, inserisce ben 10 Paesi europei fra i 15 considerati più verdi, puliti e attenti al clima. In cima all'eco-chart c'è infatti la Danimarca, seguita da Lussemburgo, Svizzera, Regno Unito, Francia, Austria, Finlandia, Svezia, Norvegia e Germania. L’indice è pubblicato ogni due anni dai ricercatori delle università di Yale e Columbia e valuta 180 Paesi sulla base di 32 indicatori di sostenibilità, tenendo conto dei dati più recenti su aspetti critici come la qualità dell'aria e dell'acqua, la gestione dei rifiuti, le emissioni di CO2 e altri fattori relativi alla salute pubblica.