Investitore responsabile

Come l'emergenza Covid-19 sta cambiando le politiche ambientali

Istituzioni e aziende possono sfidare la resistenza ai cambiamenti e lanciare una ripresa green

Panama City, il Museo della Biodiversità progettato da Frank Gehry

L’emergenza coronavirus ci sta mettendo di fronte a una serie di lezioni da apprendere, stimolando delle riflessioni sulle nostre società e, soprattutto, sul modo di ripensare i nostri modelli di sviluppo, nell’ottica di affrontare una volta per tutte altre minacce al nostro futuro come i cambiamenti climatici. Tutto questo, ovviamente, non potrà essere solo un mero esercizio accademico, ma avrà un inevitabile impatto sulle politiche governative e aziendali. La politica deve avere infatti la capacità di correggere abitudini e stili di vita, oltre le urgenze: avremo purtroppo un aumento della povertà in tutte le sue dimensioni, ma il blocco della circolazione e delle attività produttive – se accompagnato da una visione d’insieme – potranno avere effetti benefici sulla biodiversità, sull’inquinamento e sui consumi di energia. Ad esempio, la pandemia di Covid-19 potrà contribuire ad accelerare un lavoro interdisciplinare che trovi basi solide nella ricerca e nelle indicazioni degli esperti, nell’ottica di una risposta alla crisi economica che sia orientata alla transizione ecologica.

Incoraggiate dalla tecnologia e dall'opinione pubblica, in particolare tra le giovani generazioni, molte aziende stanno già facendo dei progressi al riguardo: Generali, ad esempio, ha adottato principi chiari per la lotta ai cambiamenti climatici, aumentando il suo impegno verso attività “green” e offrendo prodotti a valenza ambientale, e ha deciso di aderire al Green Recovery, l'alleanza informale lanciata dal Parlamento europeo per rilanciare l'economia attraverso investimenti sostenibili. L'iniziativa si basa sulla convinzione che la necessità di riprendersi da questa crisi offrirà un'opportunità per ripensare la società e sviluppare un nuovo modello economico europeo più resiliente e inclusivo, in cui le ragioni della finanza e quelle del pianeta non si contraddicano a vicenda. Secondo i firmatari, gli sforzi che saranno messi in atto per combattere la diffusione e gli effetti della pandemia di Covid-19 non dovranno mettere da parte l'agenda della lotta ai cambiamenti climatici e al degrado del pianeta, nella convinzione che una battaglia non possa essere vinta senza l'altra. Citando un altro esempio, dal mondo della ricerca è emersa una soluzione green per assicurare il corretto distanziamento sulle spiagge nella fase post-emergenza Covid-19. L’idea – sviluppata da Enea in collaborazione con l’azienda Ecofibra – è di utilizzare la Posidonia oceanica, una pianta marina che si deposita in grandi quantitativi sugli arenili mediterranei, per realizzare barriere di sicurezza ecologiche. L’innovazione consiste in pannelli divisori imbottiti con Posidonia, raccolta ed essiccata, per separare gli ombrelloni e creare dei percorsi di accesso all’acqua in linea con l’attuale normativa sanitaria.

D’altro canto, senza trascurare l’impatto devastante che la pandemia avrà sulle economie e sulle società nei prossimi mesi e anni, appare sempre più chiaro che la pianificazione della ripresa post-emergenza potrà offrire una grande opportunità per reindirizzare il mondo su un percorso che metta al centro la lotta al cambiamento climatico, la protezione dell'ambiente, il contrasto alla perdita di biodiversità e la tutela della salute e della sicurezza a lungo termine dell'umanità, con l’obiettivo finale di creare un mondo più pulito, più verde e più prospero per tutti. Per riuscirci, è necessario focalizzare una serie di obiettivi che possono essere così riassunti:
 

  1. Creare una rete di sicurezza planetaria basata sulla natura, rafforzando i collegamenti più deboli nei nostri sistemi globali;
     
  2. selezionare soluzioni multidimensionali per risolvere sfide complesse;
     
  3. impegnarsi ad agire ora;
     
  4. dare vita a un “piano Marshall” per la natura.
     

Quanto al primo punto, è necessario sostenere gli ecosistemi naturali trattandoli come una rete di sicurezza planetaria per l'umanità, dal momento che la natura e i nostri sistemi economici si intrecciano indissolubilmente, essendo il sistema alimentare globale estremamente vulnerabile alla perdita di biodiversità. Sul secondo punto, l’emergenza Covid-19 ha fatto emergere l’urgenza di essere il più efficienti possibile nel risolvere simultaneamente sfide multidimensionali che tengano insieme natura e sviluppo. Un buon inizio, in questo senso, sarebbe impegnarsi in ingenti investimenti inclusivi in ​agroforestazione (“agroforestry”) e agricoltura rigenerativa, attraverso soluzioni che aiutino a tutelare la biodiversità, a mitigare di oltre un terzo i gas a effetto serra (l'agricoltura è responsabile di quasi il 30 per cento delle emissioni globali di gas serra), oltre che a prevenire le catastrofi e a sostenere gli oltre due miliardi di persone in condizioni di povertà che dipendono direttamente dalla natura per i loro mezzi di sussistenza. Per far sì che tutto ciò sia possibile, occorre impegnarsi ad agire subito, adottando azioni intelligenti e strategiche. Ciò significa sfidare lo status quo e i potenti interessi che resisteranno al cambiamento, ascoltando la scienza e i segnali della natura e utilizzando i migliori dati disponibili per prendere decisioni informate sull'utilizzo del suolo. Così come per l’emergenza Covid-19, adottare misure per prevenire le estinzioni delle specie e il collasso ecologico è in gran parte una questione di tempistica. Infine, per quanto concerne l’ultimo obiettivo, è necessario ripensare la nostra azione in senso unitario ed elaborare un piano audace, coordinato e globale. È tempo, insomma, di un piano Marshall per la natura, che investa sufficientemente nella protezione, nel ripristino e nella gestione sostenibile della biodiversità e che riponga la natura al centro dello sviluppo sostenibile.

Per facilitare questo processo esiste già un quadro d'azione comune dal quale non si potrà prescindere, vale a dire l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l'accordo di Parigi sul clima, in base al quale 121 Stati si sono già impegnati per la neutralità carbonica entro il 2050 attraverso piani d'azione nazionali per raggiungere l’obiettivo finale. Tuttavia, come sottolineato di recente da Guterres, per far sì che questi sforzi abbiano successo è necessaria una leadership “coraggiosa, visionaria e collaborativa” che sia pienamente ancorata al multilateralismo. “Ci manca ancora la necessaria volontà politica”, ha affermato Guterres, chiedendo “più ambizione” in materia di lotta ai cambiamenti climatici.