Datore di lavoro responsabile

Crescita e città: Asia contro USA

Due fenomeni di crescita visti da Lek Kiatsirikajorn e Laura Morton

Attraverso lo sguardo di due artisti, due fotografi, osserviamo gli effetti sulla vita quotidiana di due grandi fenomeni di crescita: l’espansione delle megalopoli in Asia e l’evoluzione tecnologia che parte dagli Stati Uniti.

 

Lost in Paradise

Foto e testo di Lek Kiatsirikajorn

From Tak Province and Weng From Burma, Chareonkrung, Bangkok, 2013

“Lost In Paradise” ritrae una serie di lavoratori immigrati provenienti dalle zone rurali che hanno abbandonato le loro terre d’origine per vivere e lavorare a Bangkok, stabilendosi in insediamenti periurbani sconosciuti ai più nei quali, come un paradosso, la natura sta ricominciando a imporre la propria autorità. Tramite queste immagini, Lek intende presentare un’allegoria della Thailandia odierna: proprio come questi lavoratori, la Thailandia si è lasciata alle  spalle il suo passato agricolo alla ricerca di migliori opportunità, ma si ritrova oggi intrappolata tra la sua storia perduta e un futuro migliore che continua a rimanere fuori dalla sua portata.

Lek ha impiegato tre anni per completare questo progetto, avviato nel 2011 e concluso nel 2013. “Quando ho cominciato, avevo in mente di fotografare soltanto alcuni panorami per rappresentare il contrasto tra la natura e lo sviluppo moderno di Bangkok. La mia prospettiva è cambiata quando ho incontrato alcuni lavoratori migranti provenienti dalle zone rurali che vivevano in questi spazi, e  ho cominciato a parlare con loro. Persone provenienti dalla campagna, con un passato agricolo. Alcune si sono trasferite a Bangkok soltanto un paio d’anni fa, altre vivono qui da molto tempo e altre ancora sono discendenti della precedente generazione di migranti. Si spostano in queste zone alla ricerca di cibo e per passare il tempo, e alcuni vivono qui temporaneamente. Questi spazi funzionano anche come veri e propri santuari nel cuore  di Bangkok. Per me l’agricoltura rappresenta l’essenza più profonda della Thailandia. Metà della popolazione è  composta da agricoltori. La nostra tradizione e la nostra cultura si rifanno direttamente all’agricoltura. Negli anni Ottanta, il governo thailandese s’impegnò a trasformare il paese nella quinta tigre dell’Asia, ovvero la quinta potenza più industrializzata e sviluppata, al pari di Hong Kong, Singapore, Corea del Sud e Taiwan. Sono stati approvati una serie di leggi e regolamenti per promuovere gli investimenti industriali internazionali nel paese; da allora la forza lavoro agricola si è ridotta notevolmente, ampie aree rurali sono state convertite in distretti industriali e i giovani lavoratori delle zone rurali si sono spinti nelle grandi città alla ricerca di un lavoro nelle fabbriche e nelle industrie. Questa situazione fa sì che le vecchie generazioni debbano continuare a lavorare nei campi e che, sopraggiunta l’età avanzata, non abbiano nessuno a cui tramandare le loro conoscenze. Il declino delle risorse agricole è uno dei principali problemi che la Thailandia si trova oggi ad affrontare. Dalle grandi ambizioni del governo thailandese negli anni Ottanta sono passati circa trent’anni, e non abbiamo raggiunto neanche lontanamente l’obiettivo di diventare la quinta tigre dell’Asia. Le false promesse hanno fatto marcire il nostro spirito agricolo. I lavoratori migranti delle zone rurali sono come la Thailandia: hanno detto addio alle loro radici per trasferirsi a Bangkok in cerca di un futuro migliore, per poi ritrovarsi incastrati tra un passato ormai perduto e un futuro irraggiungibile. Solo il tempo ci dirà per quanto tempo ancora la Thailandia sarà in grado di sopportare tutto questo.”

Il progetto “Lost In Paradise” è stato realizzato con la collaborazione del museo Quai Branly di Parigi. Lek è uno dei tre fotografi selezionati per la borsa di studio  in fotografia nel 2012. Delle 22 immagini della serie, 13 sono entrate a far parte della collezione fotografica del museo.

 

Wild West Tech

Foto e testo di Laura Morton

“Quando si è sparsa la voce sulla possibilità di ottenere enormi fortune grazie al settore tecnologico, San Francisco e la Silicon Valley sono stati terreno di una nuova corsa all’oro. Sono molti i giovani sognatori che fanno le valigie per stabilirsi nella zona, con la speranza di avviare una start up di successo o di diventare ricchi lavorando per la società giusta al momento giusto. Queste persone lavorano diverse ore al giorno per avviare le proprie società, e le loro esistenze s’intrecciano: vivono insieme, interagiscono tra loro, sono in competizione con tutti, senza dimenticare il divertimento. Ho visto con i miei occhi alcuni imprenditori costretti a dormire in ufficio per la mancanza di soldi per pagarsi un affitto. Ho visitato alcuni spazi di coworking, in cui nascono la maggior parte delle start up, e di co-living (chiamati anche “hacker hostels” o rifugi per hacker) dove diversi imprenditori si ritrovano per vivere sotto lo stesso tetto.

L’attuale interesse per il settore ha promosso lo sviluppo di un ambiente che vede le società di venture capital ben disposte a investire somme ingenti nelle giovani aziende tecnologiche, creando le condizioni migliori della storia per le start up che necessitano di capitali. Viene spontaneo chiedersi se ci troviamo di fronte all’ennesima bolla tecnologica, e se questa crescita esponenziale e incontrollata sia sostenibile nel tempo. A ogni storia di successo corrispondono molti più fallimenti, eppure molti di questi sognatori sono convinti che il settore sia realmente meritocratico: chi merita di avere successo è destinato a ottenerlo.”

 

L’articolo è tratto da “Il bollettino n. 05 / 2016 — Growth”. Per scaricare la versione completa, visita la pagina Il Bollettino.