Le nuove forme del commercio globale
La politica commerciale dei dazi di Trump ha segnato un netto allontanamento dalle norme multilaterali, creando grande incertezza a livello globale. L’Ue guarda a nuovi mercati esteri, mentre si intensifica il conflitto tra Stati Uniti e Cina
IL CONTESTO
L’articolo analizza il commercio globale alla luce della nuova politica dei dazi di Donald Trump.
La svolta
Il nuovo orientamento della politica commerciale statunitense sotto la seconda amministrazione Trump segna la fine di decenni di liberalizzazione commerciale. L’introduzione di dazi reciproci nell’aprile 2025 ha portato la tariffa media statunitense a livelli mai visti dai tempi dello Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, persino per partner stretti come l’Unione europea. Questa politica è stata inizialmente presentata come correttiva del deficit commerciale statunitense, che è ampio nel confronto internazionale e percepito come svantaggioso per le industrie nazionali. Le misure adottate sono anche giustificate e inquadrate in termini di sicurezza nazionale. Questo uso discrezionale e protezionistico della politica commerciale ha segnalato un netto allontanamento dalle norme multilaterali di lunga data.
L’Europa si trova ora ad affrontare un nuovo periodo di incertezza nel commercio globale, in cui non sarà influenzata solo dalle sue relazioni con gli Stati Uniti, ma anche dall’evoluzione delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. L’imposizione di dazi statunitensi sui prodotti europei rappresenta un cambio di paradigma nelle relazioni commerciali tra l’Ue e il suo principale partner. Per decenni, il dazio medio statunitense su tutte le importazioni ha seguito una tendenza al ribasso, con i dazi sulle importazioni dall’Ue che hanno raggiunto l’1,47 per cento nel 2023.
Nei negoziati successivi al Liberation Day, che ha imposto un dazio reciproco del 20 per cento sui beni provenienti dall’Ue e livelli più elevati per acciaio, alluminio e automobili, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno concordato un tetto massimo del 15 per cento sui dazi per tutti i prodotti, oltre a un’aliquota separata del 50 per cento per acciaio e alluminio. Sebbene questa cifra sia inferiore ai dazi reciproci e al minacciato 30 per cento in caso di mancato raggiungimento di un accordo, rappresenta comunque un aumento di dieci volte.
Tra l’altro, nonostante questo accordo abbia offerto la necessaria chiarezza e prevedibilità alle imprese europee, in realtà molti dettagli devono ancora essere definiti. L’impegno di 600 miliardi di dollari di investimenti dell’Ue lascia ampio margine di interpretazione e l’accordo non è giuridicamente vincolante nella sua forma attuale. Poiché continuano le controversie legali e politiche sui dazi, con potenziali implicazioni per le relazioni Ue-Usa, il tasso concordato potrebbe non essere ancora definitivo.
NUMERI
Esportazioni UE
(Fonte: Eurostat)
46,1%
Altri
4,3%
Turchia
7,5%
Svizzera
20,6%
Stati Uniti
13,2%
Regno Unito
8,3%
Cina
Commercio Ue-Usa e l’economia europea
Per comprendere il significato economico di questi negoziati in evoluzione, è necessario esaminare quanto sia importante per l’Unione europea il commercio con gli Stati Uniti. Una vulnerabilità significativa per l’Ue comporterebbe un’eccessiva dipendenza dagli Stati Uniti come destinazione delle esportazioni. Un modo per valutarlo è analizzare qual è il valore aggiunto dell’Ue nella domanda finale statunitense, che comprende i beni e i servizi prodotti nell’Unione europea che vengono consumati negli Stati Uniti.
I dati Ocse indicano che circa il 20 per cento del valore aggiunto dell’Ue nella domanda finale estera è legato agli Stati Uniti. Tuttavia, la maggior parte delle esportazioni europee è distribuita in molti altri Paesi, tra cui un’elevata quota di economie a medio e alto reddito. Ciò significa che, sebbene un calo della domanda statunitense possa avere un impatto significativo, l’Ue dispone comunque di una rete solida e diversificata di partner commerciali nel resto del mondo. Ciò riduce la sua dipendenza da un mercato unico. Gli sviluppi negli Stati Uniti, per quanto importanti, non dovrebbero essere quindi sufficienti a minare in modo critico l’economia europea.
Una prospettiva ancora più significativa è quella di analizzare il contributo dei diversi mercati esteri alla crescita delle esportazioni europee. Questo dimostra come la domanda proveniente da diversi partner commerciali possa generare aumenti o diminuzioni delle esportazioni dell’Ue nel tempo, piuttosto che in un singolo anno. È anche un indicatore del ruolo dei diversi Paesi nel sostenere la crescita economica legata alle esportazioni. La Figura 1 mostra che, sebbene il mercato statunitense sia stato un fattore determinante negli ultimi due decenni, la stragrande maggioranza della crescita delle esportazioni dell’Ue può essere attribuita al commercio con altre parti del mondo. In altre parole, l’aumento della domanda da parte di questi Paesi è stato molto più importante per l’Europa rispetto alla domanda proveniente dai soli Stati Uniti.
L'APPROFONDIMENTO
Il commercio americano
A luglio 2025, il disavanzo commerciale statunitense è stato di 78,31 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti importano ed esportano prodotti soprattutto da e verso Messico, Canada e Cina. Tra i prodotti americani più venduti all’estero ci sono componenti per aerei e petrolio. Tra quelli più importati, computer e automobili. La crescita maggiore nelle importazioni si è registrata a luglio 2025 da Taiwan, Vietnam e Svizzera. Nello stesso mese, l’export è cresciuto verso Italia, Francia e Taiwan.Se non altro, ciò implica che l’Ue può e deve continuare ad approfondire le sue relazioni commerciali al di fuori degli Stati Uniti. I colloqui in corso della Commissione europea con partner chiave, tra cui India, Malesia, Indonesia e Filippine, nonché i nuovi progressi nella ratifica dell’accordo Mercosur, sono un riconoscimento di questa priorità. La sfida ora è garantire che questi accordi si traducano in reali opportunità per le imprese europee.
Tuttavia, è prevedibile che i dazi avranno un impatto disuguale sulle diverse regioni europee. Alcune regioni con una maggiore concentrazione di industrie farmaceutiche e automobilistiche saranno probabilmente colpite più duramente di altre. Questi settori rappresentano una parte significativa dell’economia europea e intrattengono scambi commerciali più ingenti con gli Stati Uniti rispetto ad altri settori. Le aree che potrebbero risentire maggiormente dell’impatto diretto dell’accordo commerciale sono Irlanda, Danimarca e diverse regioni in Germania e Italia. L’Ue dovrà adottare approcci settoriali specifici per mitigare l’impatto sulle imprese e sull’occupazione in queste aree.
I dazi avranno un impatto diseguale nelle diverse regioni europee. Le aree che potrebbero risentirne di più sono Irlanda, Danimarca e varie regioni in Germania e Italia
NUMERI
Figura 1
Disaccoppiamento tra Stati Uniti e Cina
La nuova posizione commerciale degli Stati Uniti non sta solo rimodellando le relazioni con l’Europa, ma ha anche intensificato il lungo conflitto commerciale con la Cina, portando le due maggiori economie mondiali a uno scontro diretto. Per l’Europa, questo aggiunge un ulteriore livello di rischio e incertezza, poiché l’esito delle tensioni tra Stati Uniti e Cina si riverserà inevitabilmente sul commercio globale.
Secondo uno studio del Peterson Institute for International Economics, l’escalation politica tra le due economie ha portato i dazi medi statunitensi sulle importazioni cinesi al 135,3 per cento e i dazi cinesi sulle importazioni statunitensi al 147,6 per cento. Dopo l’incontro in Corea del Sud tra Trump e Xi, ora è stata annunciata una riduzione di alcuni dazi da parte di Washington. L’esito finale di questa guerra commerciale resta comunque incerto. E in uno scenario in cui Stati Uniti e Cina continuano a disaccoppiarsi, i modelli commerciali globali potrebbero cambiare in modi che coinvolgono direttamente l’Ue. Le catene di approvvigionamento potrebbero dover adattarsi e i flussi commerciali potrebbero muoversi in direzioni diverse rispetto a oggi.
Per l’Ue, due sono gli effetti principali che destano preoccupazione. In primo luogo, le merci cinesi che un tempo entravano nel mercato statunitense potrebbero essere dirottate verso altre destinazioni, inclusa l’Europa. Un maggiore afflusso di prodotti cinesi potrebbe aumentare la concorrenza per le industrie nazionali e mettere sotto pressione i produttori locali. L’impatto varierebbe da uno Stato membro all’altro, a seconda del grado di sovrapposizione della loro produzione nazionale con le merci cinesi che vengono dirottate.
La Germania, con il suo importante settore automobilistico, ne risentirebbe probabilmente in modo più marcato. Allo stesso tempo, un maggiore afflusso di merci cinesi potrebbe anche avere un effetto deflazionistico, poiché l’aumento dell’offerta di determinati beni eserciterebbe una pressione al ribasso sui prezzi. Ciò potrebbe abbassare i prezzi per i consumatori europei.
In secondo luogo, un disaccoppiamento potrebbe creare opportunità per l’Ue di sostituire alcune delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti. Per i beni prodotti sia in Cina che nell’Ue, un dazio più elevato sulla Cina renderebbe i prodotti europei relativamente più economici e competitivi. Ciò potrebbe consentire alle industrie del Vecchio Continente di conquistare una quota maggiore del mercato statunitense. In una certa misura, questo effetto di sostituzione potrebbe compensare, o almeno attenuare, l’impatto dei dazi sull’Ue.
In entrambi i casi, l’incerta relazione tra Cina e Stati Uniti potrebbe già incoraggiare un graduale cambiamento nei flussi commerciali, poiché le imprese si preparano ad affrontare qualsiasi tipo di esito. Per l’Europa, significa prepararsi sia ai rischi che alle opportunità che tali cambiamenti potrebbero comportare, mantenendo al contempo una percezione realistica della loro portata all’interno del più ampio mercato globale.
Prospettive future
Il brusco cambiamento nella politica commerciale statunitense solleva la questione se i dazi siano destinati a durare. In questo caso, vale la pena seguire diversi sviluppi chiave. In primo luogo, gli economisti concordano sul fatto che i dazi avranno il maggiore impatto sul Pil statunitense. Inoltre, è probabile che le pressioni sui prezzi dei prodotti di consumo derivanti dai dazi siano avvertite in modo diretto dall’elettorato statunitense. I recenti sforzi politici che mettono in discussione l’autonomia della Federal Reserve potrebbero aggravare ulteriormente la situazione. Nel complesso, ciò crea una pressione politica per abbreviare la durata dei dazi.
Allo stesso tempo, i dazi forniscono già un flusso costante di entrate al governo degli Stati Uniti. Questo potrebbe essere difficile da sostituire, se non economicamente, almeno politicamente: va ricordato che i dazi introdotti durante il primo mandato di Trump non sono stati rimossi dall’amministrazione Biden. Questo potrebbe creare le basi per l’introduzione a lungo termine o permanente di barriere commerciali tra gli Stati Uniti e il resto del mondo.
Poiché al momento vi sono poche certezze, l’Europa dovrà rimanere agile e adattarsi agli sviluppi negli Stati Uniti e in Cina. Attualmente, l’impatto sulla macroeconomia europea sarà probabilmente limitato, eppure le catene di approvvigionamento dell’Ue dovranno già adattarsi. L’Europa intrattiene già preziose relazioni commerciali al di fuori della Cina e degli Stati Uniti. Ampliando l’accesso a questi mercati e aprendone di nuovi, l’Ue può garantire sicurezza ai suoi cittadini e alle sue imprese, fungendo al contempo da promotore di un commercio basato su regole certe.
Madalena Barata da Rocha
Economista, è research assistant del think tank Bruegel. Ha lavorato anche come consulente, occupandosi della regolamentazione del settore finanziario e del management delle finanze pubbliche.
Nicolas Boivin
Economista, è stato research assistant del think tank Bruegel, dopo un’esperienza all’ambasciata svizzera in Irlanda, dove si è occupato di questioni commerciali.