Piccolo manuale per restare ottimisti

Populismo in ascesa, scelte politiche volatili e la minaccia di una «guerra fredda tecnologica». Ma la storia insegna che innovazione e capacità di adattamento possono superare ogni scenario di crisi

Alessandro Cappelli
Tempo di lettura: 4'00"
Credit: CHRIS LI / UNSPLASH

IL CONTESTO
"Siamo probabilmente in un momento più trasformativo della stessa nascita di Internet", dice Myers.

Dalla decarbonizzazione all’intelligenza artificiale, dal cambiamento delle alleanze globali alla ricalibrazione del potere tra Stati Uniti e Cina, il mondo sta attraversando trasformazioni profonde e interconnesse. Questi passaggi offrono opportunità straordinarie, ma anche sfide complesse: non basta tenere gli occhi bene aperti, serve un approccio proattivo verso il futuro.

L’economia globale è sempre più definita da due forze contrapposte. Da un lato la frammentazione, alimentata da protezionismo e polarizzazione politica; dall’altro la crescita, sostenuta dall’innovazione e dagli investimenti. Gli Stati Uniti, in particolare, si trovano al centro di un ciclo virtuoso fatto di stimoli fiscali, forti flussi di investimenti diretti esteri, deregolamentazione e di quello che può essere definito un «superciclo di innovazione pluriennale» (un periodo prolungato di forte crescita economica, che genera domanda sostenuta di materie prime superiore a quanto i produttori riescono a fornire, ndr). Nel frattempo, l’Europa viaggia a velocità economiche disomogenee, la Cina sta ricalibrando la propria strategia di sviluppo e il Medio Oriente investe con ambizione in tecnologie emergenti.

Al centro di questi cambiamenti c’è la politica: populismo in ascesa, scelte politiche volatili e la minaccia di una «guerra fredda tecnologica». Ma come mostra la storia, innovazione e capacità di adattamento spesso superano ogni scenario di crisi.

A guidarci in questa riflessione è Charles Myers, fondatore e presidente di Signum Global Advisors, società di consulenza strategica che opera all’intersezione tra politica e mercati finanziari globali. Con oltre vent’anni di esperienza politica ed elettorale negli Stati Uniti – da consigliere di candidati politici di ogni livello – e venticinque anni nei mercati finanziari internazionali, Myers è considerato uno dei principali interpreti delle dinamiche che collegano Washington, Wall Street e le grandi capitali mondiali.

Nella conversazione che segue, Myers non minimizza i rischi – dall’incertezza politica all’inflazione, fino alle sfide occupazionali poste dall’intelligenza artificiale e dalla robotica. Al contempo, sottolinea con chiarezza che le forze positive in gioco sono spesso sottovalutate. «Siamo probabilmente in un momento più trasformativo della stessa nascita di Internet», osserva, indicando l’impatto dirompente dell’Ia e della robotica. È qui che emerge l’idea dei “Nuovi orizzonti”: la capacità di guardare avanti, sfruttare il cambiamento e mantenere fiducia nel futuro.
 

Charles Myers, quale scenario macroeconomico ritiene più probabile nei prossimi 12–18 mesi, e perché?

Credo che l’economia globale continuerà lungo la traiettoria seguita da tempo, anche se il contesto attuale accentua criticità come il decoupling globale, il protezionismo e la polarizzazione politica. È probabile che vedremo performance economiche sempre più divergenti tra le varie regioni, a seconda delle circostanze locali.

In generale, le prospettive per l’economia statunitense restano molto positive. Nonostante polarizzazione e decoupling globale, gli Stati Uniti mantengono una forte capacità di guidare e sostenere l’economia mondiale. Diversi fattori che contribuiscono a questo ottimismo sono forse sottovalutati: ingenti stimoli fiscali continuano a fluire nell’economia americana; gli investimenti diretti esteri sono superiori del 10–15 per cento rispetto alla media storica, con numerose aziende straniere e persino governi che investono; stiamo inoltre assistendo alla più significativa spinta deregolamentativa nei servizi finanziari e nel settore energetico dagli anni di Reagan. A tutto questo, si aggiunge un superciclo di innovazione tecnologica pluriennale iniziato sotto l’attuale amministrazione. Questi elementi congiunti indicano prospettive economiche solide e resilienti nei prossimi 12–18 mesi.

Credit: PEXELS

 

E per quanto riguarda Europa, Cina, Medio Oriente e resto dell’Asia?

L’Europa presenta un quadro misto. Alcuni Paesi appaiono molto forti, mentre altri continuano a confrontarsi con deficit fiscali e contesti politici complessi. La Cina sta cercando di rivitalizzare la propria economia. Finora i risultati sono stati contrastanti e ci si aspetta una ripresa piuttosto lenta, anche se alla fine avranno probabilmente successo. L’ideale sarebbe uno scenario in cui Stati Uniti e Cina registrino entrambi buone performance, il miglior risultato possibile per l’economia globale.

L’Asia varia molto da Paese a Paese. In Medio Oriente, le prospettive economiche restano solide anche a fronte di prezzi petroliferi più bassi. Molti Paesi stanno diversificando rapidamente le loro economie, investendo centinaia di miliardi in intelligenza artificiale e altre tecnologie. Nei prossimi cinque-dieci anni, questi investimenti potrebbero generare guadagni significativi.

Un’area di preoccupazione è l’inflazione. Con l’assorbimento dei dazi nell’economia, ci si può aspettare qualche pressione inflazionistica, principalmente attraverso aggiustamenti una tantum dei prezzi.


Il populismo rimane diffuso a livello globale. Fino a che punto questo fenomeno continua a rappresentare un rischio sistemico per i mercati finanziari e per settori come commercio, regolamentazione tecnologica ed energia?

Rimango cautamente ottimista. Guardando ai prossimi due-tre anni, esiste il rischio che il presidente Trump possa adottare azioni imprevedibili o potenzialmente dannose, con effetti sulle istituzioni statunitensi o sugli alleati internazionali. Questo genera un contesto di incertezza politica e volatilità – qualcosa che abbiamo già visto durante la sua prima amministrazione. Quel periodo fu caratterizzato da alto turnover ministeriale e grandi discontinuità, inclusi pandemia e tentativi di contestare i risultati elettorali. Tale volatilità oggi è un fattore da considerare negli investimenti negli Stati Uniti; fa semplicemente parte del panorama economico attuale.


È una di quelle cose che vediamo ogni settimana, giusto?


Esattamente. Che si tratti di dazi o di altri cambiamenti politici, i cambi di rotta rapidi sono comuni: Trump è disposto a invertire completamente la direzione quando necessario. Il cambiamento più rilevante dal suo ritorno è che gli investitori globali stanno mettendo in discussione lo status di “porto sicuro” degli Stati Uniti. Tuttavia, ritengo che, nonostante azioni come gli attacchi alla Federal Reserve, i tentativi di scavalcare il Congresso o le tensioni nelle relazioni internazionali, i fondamentali economici sottostanti restino abbastanza solidi da mantenere questo status.
 

E gli Stati Uniti continueranno a essere all’avanguardia nell’innovazione.

L’economia statunitense resta di gran lunga la più grande, dinamica e innovativa. Negli ultimi centocinquant’anni gli Stati Uniti hanno guidato costantemente l’innovazione tecnologica, a partire dalle ferrovie. Per altri Paesi, questo comporta sia sfide sia benefici. Paesi vicini come Canada e Messico ne hanno tratto enormi vantaggi, e gli Stati Uniti hanno beneficiato della prossimità di vicini amici ed economicamente rilevanti. Geografia e circostanze storiche hanno fornito agli Stati Uniti vantaggi che la maggior parte degli altri Paesi non ha, rafforzando la loro leadership nel progresso tecnologico.

L’ideale sarebbe uno scenario in cui Stati Uniti e Cina registrino entrambi buone performance: il miglior risultato per l’economia globale

Credit: SUNIRA MOSES / UNSPLASH

Dal punto di vista geopolitico, quanto sono significative le dipendenze da rotte o Paesi specifici per componenti critici?

La Cina resta il principale concorrente geopolitico e tecnologico degli Stati Uniti. Col tempo, probabilmente emergeranno due sistemi tecnologici distinti. I Paesi dovranno infine scegliere a quale sistema allinearsi. Alcune nazioni, come Corea del Nord, Iran e parti del Sud globale, potrebbero allinearsi con la Cina, ma la maggior parte del mondo probabilmente resterà integrata con l’Occidente, beneficiando di un ecosistema tecnologico più efficiente e produttivo.
 

Quindi vede uno scenario simile alla Guerra Fredda?

Assolutamente sì. Credo che siamo già in uno scenario di “nuova Guerra Fredda”, più tecnologico. I Paesi stanno già iniziando a scegliere da che parte stare e alcuni non avranno alternative. Nazioni come Corea del Nord e Iran sono allineate geopoliticamente alla Cina e sostanzialmente costrette a seguire quella direzione. L’India ha già preso una posizione ed è un alleato molto forte degli Stati Uniti, mentre il Brasile sembra propendere per la Cina. Tra cinque-dieci anni avremo due sistemi tecnologici distinti, con quello cinese più ridotto per scala, di default.
 

Concentrandoci sulla tecnologia, e sull’intelligenza artificiale in particolare, come valuta il suo impatto attuale sulla sicurezza nazionale?

Includerei la robotica insieme all’IA, poiché entrambe guidano una trasformazione rapida. Come in ogni periodo di cambiamento trasformativo, ci sono implicazioni significative per la sicurezza nazionale.

I quadri normativi sono al momento arretrati e tendono a essere reattivi. Quando sorgono questioni legate all’IA, i regolatori cercano di mitigare rischi futuri e prevenire incidenti simili.
 

L’Europa sta cercando di regolamentare l’intelligenza artificiale in maniera proattiva?

La buona notizia è che l’Europa è molto più efficace degli Stati Uniti nella regolamentazione. L’Europa probabilmente sarà al comando per un po’ in questo campo e potrebbe stabilire il modello per la governance dell’intelligenza artificiale, fornendo un quadro che altre regioni potrebbero seguire.


NUMERI

78%

Percentuale di imprese che usa l’IA (Università di Stanford).

$190mld

Gli investimenti in IA negli Usa (in Cina 9,3 miliardi).

22%

La crescita dei laureati in IA negli ultimi dieci anni.

Credit: JOHAN MOUCHET / UNSPLASH

 

Quali rischi geopolitici potrebbero derivare dall’IA?

Oltre a preoccupazioni di sicurezza nazionale come intelligence, spionaggio e interferenze elettorali, il timore principale riguarda l’occupazione. L’automazione guidata da IA e robotica potrebbe sostituire un gran numero di posti di lavoro. I governi dovranno affrontare queste sfide, anche se le considero criticità da affrontare da qui a cinque-dieci anni, piuttosto che nell’immediato.
 

Una nuova rivoluzione industriale guidata da energia pulita e Ia sembra in atto. Dove ritiene possano emergere le prossime grandi opportunità?

L’intelligenza artificiale e la robotica stanno già generando guadagni di efficienza nelle economie. Ci stiamo muovendo verso un mondo in cui le macchine eseguiranno molte attività. Questi sviluppi miglioreranno l’efficienza economica e potenzialmente la qualità della vita. Se attori come Stati Uniti ed Europa gestiranno bene questa transizione, possiamo aspettarci notevoli incrementi nella creazione di ricchezza e nello sviluppo economico.


Credit: UNSPLASH

Ci saranno ostacoli da superare?

Sì, la disuguaglianza dei redditi probabilmente aumenterà, in parte a causa del cambiamento tecnologico. Tuttavia, i benefici complessivi in termini di efficienza, qualità della vita e crescita economica probabilmente supereranno gli aspetti negativi. L’IA potrebbe rivelarsi ancora più trasformativa di Internet, con impatti positivi profondi sulla società.
 

In relazione al tema “Nuovi Orizzonti”, riflettiamo su orizzonti passati e futuri: qual è stata la sorpresa politica o di mercato più significativa dell’ultimo decennio e quale lezione offre per il futuro?

Probabilmente la sorpresa più grande negli ultimi dieci anni è stata la rapidità con cui è emersa l’intelligenza artificiale. I modelli linguistici esistono da tempo, ma aziende come OpenAi hanno capito come renderli strumenti utili solo negli ultimi quattro-cinque anni. Il ritmo dell’innovazione accelera, e ogni ciclo è più veloce del precedente – molto più rapido della rivoluzione industriale, che richiese anni.
 

Questo ritmo rapido comporta sfide particolari per il futuro?

Sì. L’IA evolve così rapidamente che nazioni, aziende e individui devono capire come sfruttarla al meglio per efficienza e beneficio sociale. I governi spesso sono in ritardo. Tutti dobbiamo capire come usare questa tecnologia nei prossimi cinque-dieci anni. Come nella maggior parte delle transizioni nella storia umana, alcuni Paesi la gestiranno meglio di altri. Credo che le democrazie possano avere un vantaggio, poiché economie flessibili e accesso aperto alle informazioni sono fondamentali per lo sviluppo dell’Ia. Nei Paesi in cui vige una forte censura o i flussi di informazione sono limitati, l’efficacia e la qualità dell’Ia saranno probabilmente ridotte. In generale, resto ottimista sul ruolo delle nazioni democratiche nel plasmare il futuro guidato dall’IA.

La sorpresa più grande negli ultimi dieci anni è stata la rapidità con cui è emersa l’intelligenza artificiale



Charles Myers
È fondatore e presidente di Signum Global Advisors. È stato, tra gli altri, consulente politico di Hillary Clinton e Joe Biden. Ha alle spalle una lunga esperienza nei mercati finanziari globali.

 

Alessandro Cappelli
Giornalista professionista, ha girato video, scritto articoli brevi e lunghi, raccontato storie di ogni tipo. Ama lo sport e la politica internazionale, e tutte le cose che stanno in mezzo. Lavora a Linkiesta dal 2020.