Sulle Ali della Sostenibilità

Giulia Carrino da Generali Italia
«Lei lavora con Generali?»

All’inizio non capisco bene l’ultima parola. A rivolgermi la domanda è un corriere che mi sta recapitando un acquisto effettuato pochi giorni fa. Sarà per la distanza e la mascherina indossata e in parte per l’accento diverso dall’ italiano che esito nel rispondere, allargando gli occhi stupita fino a che il suo dito non indica il leone rosso alato che risalta sulla felpa grigia.

E finalmente rispondo, con un pizzico d’orgoglio, allargandogli a mia volta un sorriso: «Sì, sì, grazie, buona giornata!»

Risalgo le scale ripensando al suo sguardo ammirato, contenta di far parte di una Grande Compagnia e riguardo la felpa leggera, perfetta per queste giornate primaverili, ricevuta in occasione della partecipazione all’ hack4c.r.e.a, giusto qualche mese prima della pandemia, quando ancora si poteva fare una foto stando tutti vicini, allegri e spensierati.

Indossare il leone alato e vestire i valori aziendali sono per me due facce della stessa medaglia.

Cerco nella scatola dei ricordi un evento particolare: è davvero difficile scegliere una sola storia, una sola foto, un solo gadget che parli del mio lavorare con Generali, delle mille avventure vissute grazie a quell’ indole sognatrice e curiosa, che mi ha sempre condotto a esplorare le diverse anime dell’Azienda.

«Dove mi condurrà il leone alato?»

È questa la domanda che mi pongo ogni volta che partecipo a qualche iniziativa aziendale, desiderosa di stupirmi e fare un’esperienza nuova.

Ce n’è una in particolare che mi è rimasta nel cuore e che vorrei raccontarvi.

Era il 3 ottobre 2017, all’Università di Bocconi si teneva il Salone del CSR e dell’Innovazione sociale, il tema di quell’anno era “l’arte della sostenibilità” e io ebbi la fortuna di essere selezionata assieme a una manciata di colleghi per assistere alla cerimonia di apertura e a due eventi presentati da Generali: Valore Cultura e Ca’ Corniani.

C’era un’atmosfera calda e magica, la sala, divisa in varie piazze, era gremita di persone eppure, aleggiava un silenzio surreale di grande rapimento. Presi posto in Piazza dei Segni, sul palco c’era una cornice gigante, di lì a poco Fabio Ferrone Viola avrebbe dovuto realizzare in tempo reale la sua opera d’arte e io assieme a tutti gli altri spettatori della performance avrei dovuto pensare a un titolo da dare all’opera creata.

«Impossibile» – mi ripetevo incredula e divertita.

Poi sul palco sbucò un sacco pieno di lattine vuote, arrivò l’artista e iniziò a dipingere sulla tela di lattine riciclate, raccontandoci di come le sue creazioni nascano dal concetto di riciclo dei rifiuti abbandonati, trovati in giro per il mondo, che trovano forma tramite l’assemblaggio e il colore e danno voce al sentimento di insofferenza rispetto all’avanzare del degrado ambientale.

 

Nel frattempo i social si riempivano di hashtag con frasi, idee e pensieri legati alla sostenibilità. Il coinvolgimento fu intenso e totale, senza che neanche me ne accorgessi, mi ritrovai sul palco: la mia frase era stata selezionata fra le 10 migliori come titolo da dare all’opera!

Fu un’emozione forte e indescrivibile, le mani mi tremavano, ma allo stesso tempo mi sentivo una leonessa: strinsi forte il quadro ricevuto in omaggio, orgogliosa di aver toccato con mano l’impegno di Generali nel proteggere l’arte e la cultura, per sostenere la crescita sociale ed economica delle comunità in cui opera e per avvicinare all’arte un pubblico sempre più vasto di persone (sono tante, infatti, le iniziative volte a coinvolgere dipendenti e assicurati).

Quell’esperienza mi è rimasta nel cuore regalandomi maggiore consapevolezza sull’importanza dei nostri piccoli gesti quotidiani per salvare l’ambiente e il pianeta. Una consapevolezza che cerco di trasmettere in famiglia e che mi porta, di tanto in tanto, sotto l’impulso della creatività, anche a dare una seconda possibilità di vita agli oggetti che mi circondano.

Per portare nella realtà di tutti i giorni quello sguardo nuovo, quella diversa prospettiva che esperienze, come questa appena raccontata, mi offrono.

Anche questo, per me, significa lavorare con Generali.

Sulle Ali della Sostenibilità

«Lei lavora con Generali?»

All’inizio non capisco bene l’ultima parola. A rivolgermi la domanda è un corriere che mi sta recapitando un acquisto effettuato pochi giorni fa. Sarà per la distanza e la mascherina indossata e in parte per l’accento diverso dall’ italiano che esito nel rispondere, allargando gli occhi stupita fino a che il suo dito non indica il leone rosso alato che risalta sulla felpa grigia.

E finalmente rispondo, con un pizzico d’orgoglio, allargandogli a mia volta un sorriso: «Sì, sì, grazie, buona giornata!»

Risalgo le scale ripensando al suo sguardo ammirato, contenta di far parte di una Grande Compagnia e riguardo la felpa leggera, perfetta per queste giornate primaverili, ricevuta in occasione della partecipazione all’ hack4c.r.e.a, giusto qualche mese prima della pandemia, quando ancora si poteva fare una foto stando tutti vicini, allegri e spensierati.

Indossare il leone alato e vestire i valori aziendali sono per me due facce della stessa medaglia.

Cerco nella scatola dei ricordi un evento particolare: è davvero difficile scegliere una sola storia, una sola foto, un solo gadget che parli del mio lavorare con Generali, delle mille avventure vissute grazie a quell’ indole sognatrice e curiosa, che mi ha sempre condotto a esplorare le diverse anime dell’Azienda.

«Dove mi condurrà il leone alato?»

È questa la domanda che mi pongo ogni volta che partecipo a qualche iniziativa aziendale, desiderosa di stupirmi e fare un’esperienza nuova.

Ce n’è una in particolare che mi è rimasta nel cuore e che vorrei raccontarvi.

Era il 3 ottobre 2017, all’Università di Bocconi si teneva il Salone del CSR e dell’Innovazione sociale, il tema di quell’anno era “l’arte della sostenibilità” e io ebbi la fortuna di essere selezionata assieme a una manciata di colleghi per assistere alla cerimonia di apertura e a due eventi presentati da Generali: Valore Cultura e Ca’ Corniani.

C’era un’atmosfera calda e magica, la sala, divisa in varie piazze, era gremita di persone eppure, aleggiava un silenzio surreale di grande rapimento. Presi posto in Piazza dei Segni, sul palco c’era una cornice gigante, di lì a poco Fabio Ferrone Viola avrebbe dovuto realizzare in tempo reale la sua opera d’arte e io assieme a tutti gli altri spettatori della performance avrei dovuto pensare a un titolo da dare all’opera creata.

«Impossibile» – mi ripetevo incredula e divertita.

Poi sul palco sbucò un sacco pieno di lattine vuote, arrivò l’artista e iniziò a dipingere sulla tela di lattine riciclate, raccontandoci di come le sue creazioni nascano dal concetto di riciclo dei rifiuti abbandonati, trovati in giro per il mondo, che trovano forma tramite l’assemblaggio e il colore e danno voce al sentimento di insofferenza rispetto all’avanzare del degrado ambientale.

 

Nel frattempo i social si riempivano di hashtag con frasi, idee e pensieri legati alla sostenibilità. Il coinvolgimento fu intenso e totale, senza che neanche me ne accorgessi, mi ritrovai sul palco: la mia frase era stata selezionata fra le 10 migliori come titolo da dare all’opera!

Fu un’emozione forte e indescrivibile, le mani mi tremavano, ma allo stesso tempo mi sentivo una leonessa: strinsi forte il quadro ricevuto in omaggio, orgogliosa di aver toccato con mano l’impegno di Generali nel proteggere l’arte e la cultura, per sostenere la crescita sociale ed economica delle comunità in cui opera e per avvicinare all’arte un pubblico sempre più vasto di persone (sono tante, infatti, le iniziative volte a coinvolgere dipendenti e assicurati).

Quell’esperienza mi è rimasta nel cuore regalandomi maggiore consapevolezza sull’importanza dei nostri piccoli gesti quotidiani per salvare l’ambiente e il pianeta. Una consapevolezza che cerco di trasmettere in famiglia e che mi porta, di tanto in tanto, sotto l’impulso della creatività, anche a dare una seconda possibilità di vita agli oggetti che mi circondano.

Per portare nella realtà di tutti i giorni quello sguardo nuovo, quella diversa prospettiva che esperienze, come questa appena raccontata, mi offrono.

Anche questo, per me, significa lavorare con Generali.

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