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Single ma ben accompagnati

In che modo la “società dei single” sta cambiando l’economia

In che modo la “società dei single” sta cambiando l’economia

Il numero dei nuclei monoparentali sta aumentando in tutti paesi OCSE. Entro il 2030, i single, con o senza figli, saranno la maggior parte della popolazione. Un cambiamento sociale dirompente che travolgerà il volto dell’economia.
A questo proposito, si è celebrato l’11 novemembre scorso il giorno di (anti) San Valentino, una festa per i single di tutto il mondo che non ha badato a spese. L’usanza di celebrare, con un pizzico di ironia, l’11-11 di ogni anno è cinese, ma si sta diffondendo a macchia di leopardo in buona parte dei paesi industrializzati. Il Guanggun Jie, il “Pride dei single” in salsa orientale, è stato elevato abilmente a giornata dello shopping globale consolatorio da parte dei colossi dell’e-commerce, come la piattaforma Alibaba  di Jack Ma, che ha iniziato a proporre le vendite per il Single’day nel 2009. E nel 2015 i single del pianeta si sono fatti un regalo online da 14,3 miliardi di dollari. Molto presto la spesa raggiungerà nuovi record, perché la famiglia sta cambiando e sta diventando più piccola.
In Europa, la media dei matrimoni per anno si è dimezzata: dalle otto nozze per mille abitanti del 1970, si è passati alle quattro di oggi; è raddoppiato, invece, il tasso medio di divorzi, a quota 2,6 ogni mille abitanti, ed è triplicato il numero dei bambini nati fuori da vincoli matrimoniali.  Già oggi  il 15% degli under 18 vive in famiglie di genitori separati.
Secondo il report dell’OCSE, “il futuro delle famiglie nel 2030” sarà un affare “sentimentale” prevalentemente per single. Cambiano gli stili di vita: il lavoro è sempre più instabile e precario, il tasso di fertilità tende a diminuire, gli anni trascorsi a studiare ritardano l’ingresso nella vita adulta. E poi, rincorrendo carriera e obiettivi, la “singletudine” diventa uno status piuttosto stabile. Inoltre, l’allungamento dell’aspettativa di vita contribuisce ad aumentare la fetta di single di ritorno, persone sole e anziane. Il risultato è che secondo l’OCSE, tra quindici anni, il 46% della popolazione francese e il 40% di quella inglese e tedesca sarà single. Negli Stati Uniti già oggi il 45% dei residenti non è sposato, mentre il 27% è un single duro e puro;  in Italia sono circa 9 milioni i cuori solitari. Fino agli anni settanta e ottanta, zitelle e scapoli costituivano una rarità, fuori dagli schemi. Oggi, caduto lo stigma sociale di un tempo, i single si apprestano a diventare la maggioranza. E cambieranno il volto dell’economia.
Uno studio dell’economista Edward Yardeni considera la “singletudine” un fattore sociale davvero dirompente, al pari, se non di più, della rivoluzione digitale. Pensiamo al mercato dell’immobiliare: cambiano i tipi di case richieste, cresce il volume dello stock in affitto e si riducono le metrature. Anche sul fronte dei consumi è una rivoluzione. Addio ai carrelli della spesa sempre pieni, mentre aumentano pasti precotti e cene fuori casa. Per Yardeni la “singletudine” comporta sia benefit che rischi sull’economia e sulla struttura sociale. I single sul lavoro sono più flessibili, pronti a cambiare sede e nazione e anche ad avventurarsi più agevolmente nell’imprenditorialità. Insomma, l’identikit ideale ai tempi della gig economy. I single corrono veloci, ma lo fanno in un territorio minato. Sprovvisti di reti familiari, sono maggiormente esposti alla perdita del lavoro, a infortuni e malattie. Ma il welfare state, laddove è rimasto, li considera ancora poco, privilegiando, quando sono in difficoltà, le famiglie. Da qui sta nascendo una nuova classe di single, più attenta ed emancipata che, a prescindere dall’eventualità di trovare o meno in futuro l’anima gemella, comincia a pianificare la proprio vita costruendosi accanto reti di protezione, investendo in prodotti assicurativi e di previdenza integrativa e sanitaria.