Dovremo iniziare a chiamarla Intelligenza naturale

Lo scienziato Florian Jug spiega che l’Ia porterà cambiamenti profondi, anche se non possiamo prevedere ancora in quali ambiti ci saranno vantaggi e in quali avremo invece conseguenze negative. Ma spesso le aspettative sono gonfiate

Davide Burchiellaro
Tempo di lettura: 3'00"
Credit: ABERRANT REALITIES

IL CONTESTO
Colloquio con Florian Jug sul presente e futuro dell’intelligenza artificiale, tra paure e scenari possibili.

Potremmo scoprire che l’intelligenza artificiale è meno faziosa degli umani, che è troppo «eloquente» e poco «lungimirante», ma soprattutto che non è così artificiale come abbiamo creduto fino a oggi.

È quello che viene fuori dal dialogo con Florian Jug, Head of Image Analysis Facility, Computational biology, research Group Leader di Human Technopole.

Scienziato svizzero, Florian Jug è un giovane molto ottimista sul futuro dell’intelligenza artificiale. Uno di quelli che ti fanno pensare che tutto quello che credevi di sapere non è in parte o del tutto vero.

Florian Jug, da circa trent’anni usiamo la parola “rivoluzione” per ogni cambiamento che viviamo, e ogni volta ricorriamo a un unico esempio: la rivoluzione industriale. Nella sua opinione, l’Ia rappresenta una rivoluzione?
E in quali aspetti?

L’Ia sta certamente guidando cambiamenti profondi, anche se non possiamo ancora prevedere pienamente dove questi cambiamenti si riveleranno rivoluzionari, dove porteranno semplicemente maggiore efficienza e dove, invece, potranno persino risultare controproducenti. Nell’istruzione, per esempio, può essere uno strumento utile, ma può anche minare i curriculum stabiliti consentendo agli studenti di aggirare i processi di apprendimento concepiti dai docenti. Allo stesso tempo, l’Ia è il primo strumento in grado di introdurre una reale efficienza in ambiti che prima richiedevano anni di esperienza. Lo sviluppo di software è un buon esempio: i professionisti possono ora creare applicazioni o siti web in una frazione del tempo, senza sacrificare la qualità. Guadagni simili – e in alcuni casi persino miglioramenti qualitativi – sono probabili anche nel settore legale, nella sanità e oltre. Dove i benefici supereranno i rischi, non è ancora chiaro: come società dovremo affrontare questo percorso con attenzione.

Credit: ABERRANT REALITIES

Per essere compresa, Internet ha avuto bisogno di essere paragonata alla magia, e di essere collegata al concetto di entertainment. La stessa cosa sta succedendo oggi con l’Intelligenza artificiale. Però molti hanno la sensazione che ogni volta che sperimentiamo il «wow», la sorpresa, questa duri sempre meno. È così per chi fa esperienza dell’Ia nella scrittura, nell’immagine, nella musica. Chi fa ricerca scientifica da che cosa rimane più sorpreso?

Non sono convinto che l’effetto “wow” svanisca così in fretta. Personalmente, le capacità dei grandi modelli linguistici e degli attuali chatbot continuano a sorprendermi. Come ogni strumento potente, portano con sé vantaggi e svantaggi. Chi impara a usarli bene può risparmiare enormi quantità di tempo e persino trovare nuove idee che forse non sarebbero emerse altrimenti. Non tutte le forme di Ia appaiono ugualmente trasformative: la generazione video è tecnicamente impressionante, ma la sua utilità quotidiana mi sembra molto meno evidente rispetto all’elaborazione e alla manipolazione del linguaggio.

Nella ricerca scientifica, ciò che mi entusiasma è il potenziale di accelerare il processo stesso di scoperta. Oggi i ricercatori producono una quantità impressionante di dati, contenenti molto più di quanto un essere umano possa comprendere ed elaborare direttamente. Se analizzati e combinati in modo opportuno, questi flussi di dati potrebbero portare a progressi molto più rapidi ed efficienti. Allo Human Technopole, per esempio, lavoriamo per abilitare questo tipo di scoperta mediata dall’Ia, e credo che ciò innalzerà sensibilmente il ritmo della ricerca e il nostro potenziale di scoperta scientifica.
 

Pare ormai superfluo spiegare quanto l’Ia impatti sulla vita di tutti i giorni, però, probabilmente in pochi sanno che cosa succede nei laboratori dove questa tecnologia è usata o addirittura progettata. Quali sono i benefici di cui le persone ancora non si rendono conto?

Nei laboratori l’Ia non è molto più avanti rispetto a ciò che è già disponibile per il pubblico. In ambito accademico, i nuovi metodi vengono di solito resi disponibili in modo aperto, mentre le aziende – seppur talvolta più caute – pubblicano e condividono il codice con una certa frequenza.

Semmai, la sfida va nella direzione opposta: al di fuori dei laboratori di Ia spesso le aspettative sono gonfiate rispetto a ciò che la tecnologia può realisticamente ottenere nel prossimo futuro. Nei prossimi anni, credo che impareremo molto di più sui limiti dei modelli attuali, e spero che questo rappresenti per tutti noi un prezioso processo di apprendimento.

Credit: ABERRANT REALITIES

Al di fuori dei laboratori, spesso le aspettative sono gonfiate su ciò che la tecnologia può realisticamente ottenere nel prossimo futuro

Ogni innovazione si accompagna sempre a paure millenaristiche, alla fantascienza popolare e al timore di essere sostituiti. Chi si occupa di Ia, secondo lei, ha limiti etici o è mosso principalmente dall’obiettivo scientifico?

La nostra comunità comprende persone con prospettive molto diverse – sia sul futuro dell’Ia, sia sulle sue implicazioni etiche. Se l’Ia può contribuire ad affrontare sfide di lunga data nella sanità o nel cambiamento climatico, ciò è sicuramente positivo. Ma se mette a rischio il lavoro di professionisti della salute o di personale altamente qualificato negli studi legali, il quadro diventa rapidamente più complesso.

Spero che, come società, potremo procedere con cautela: essere abbastanza aperti da cogliere le opportunità, ma sufficientemente prudenti da non essere colti di sorpresa dai rischi.
 

Quali sono le frontiere dell’Ia in ambito biomedico, biologico, farmaceutico che porteranno un vero miglioramento della vita di tutti i giorni? Attraverso quali strumenti queste frontiere saranno superate?

L’Ia ha il potenziale di aumentare enormemente il tasso di scoperte per ogni euro investito. Nelle scienze biomediche, questo significa costruire una comprensione più profonda e olistica della salute e della malattia, facendo luce sui processi fisiologici che sostengono la vita. Nell’attività di ricerca che sto portando avanti a Human Technopole, per esempio, sfrutto le potenzialità dell’Ia per analizzare con maggiore rapidità ed efficacia le immagini ottenute durante le sperimentazioni e quantificare con efficacia tutti i dati biologici raccolti.
 

Che cosa vuol dire che l’Intelligenza artificiale consuma troppa energia? Questo è percepito come un limite alla ricerca secondo lei?

Addestrare grandi modelli di Ia, come quelli alla base degli attuali chatbot, richiede enormi quantità di energia. Il loro utilizzo su scala globale da parte di miliardi di utenti necessita inoltre di immensi data center. I modelli accademici sono in genere molto più piccoli, ma anche in questo caso l’accesso a risorse di calcolo adeguate rimane un limite per molti ricercatori in tutto il mondo.

Ecco perché la Commissione europea sta investendo in infrastrutture condivise come l’European Open Science Cloud e grandi archivi di dati come il BioImage Archive. Queste iniziative sono essenziali per mantenere l’Europa competitiva rispetto a Stati Uniti e Cina.
 

Quali sono le innovazioni legate all’Ia di cui sentiremo parlare maggiormente nel 2026?

Credo che i chatbot e i grandi modelli linguistici continueranno a dominare la scena, forse con un’integrazione più profonda nei nostri dispositivi mobili e strumenti software. A Human Technpole, e in generale in tutto il mondo della ricerca scientifica, credo che ci sarà una sempre maggiore implementazione di queste tecnologie per ciò che concerne l’analisi e la comparazione dei dati.
 

Gli algoritmi predittivi sono sotto accusa perché le loro previsioni si basano su valutazioni prive di fattore umano (per esempio nel caso di determinazioni di anni di carcere, di erogazione di prestiti bancari, di valutazione delle malattie che un singolo può sperimentare nella propria vita e che possono intercettare gli interessi delle assicurazioni), questo aspetto come può essere affrontato? Attualmente è affrontato? In che modo?

È importante capire che le previsioni sono tanto imparziali quanto i dati su cui vengono addestrate. E, piccolo spoiler, noi esseri umani siamo immensamente faziosi. Oggi non sappiamo come addestrare sistemi imparziali; non so nemmeno se ciò sia possibile. Per ora, credo che i sistemi predittivi non vadano usati in ambiti dove il loro pregiudizio possa causare danni sociali.

L’Unione europea sta assumendo un ruolo encomiabile introducendo una legislazione specifica sull’Ia. È un compito difficile e a volte controverso, ma sono orgoglioso che l’Europa cerchi di fissare standard e guidare la strada in questo campo complesso.

Credit: ABERRANT REALITIES


L’evoluzione tecnologica ha sempre avuto un impatto su tutti gli ambiti della vita umana e sulla scienza, tranne sulla psicologia. Non è lo stesso per l’Ia. Dal momento che dalle realtà che sviluppano machine learning arrivano offerte di lavoro per chi possiede lauree ingegneristiche ma anche skill in psicologia, ci può spiegare che cosa significa?

Un chiaro vantaggio è che i chatbot possono abbassare la soglia per aprirsi riguardo a problemi di salute mentale: parlare con una macchina può sembrare più sicuro e anonimo. Tuttavia, un trattamento profondo richiede il coinvolgimento di professionisti umani, e dubito che un supporto psicologico serio sia possibile senza esperti qualificati.


Quali sono gli ambiti in cui la ricerca sull’Ia in Italia sta procedendo bene?

L’Italia vanta una solida attività accademica sull’Ia, con università e istituti pubblici attivi in settori come machine learning, visione artificiale ed elaborazione del linguaggio naturale. Il Paese beneficia anche di iniziative nazionali come il programma PhD-Ai, che coinvolge oltre 50 atenei, di infrastrutture di alto livello come il supercomputer Leonardo di Bologna e di grandi centri di ricerca, come Human Technopole, che ci lavorano. Sul fronte applicativo, progetti italiani avanzano nell’Ia biomedica, nei modelli linguistici adattati all’italiano e in approcci sostenibili all’Ia.

Allo stesso tempo, l’uso nell’industria – soprattutto nelle piccole e medie imprese – è ancora indietro rispetto alla ricerca, e le competenze digitali variano molto tra le regioni. La strategia nazionale per l’Ia (2024–2026) affronta questi aspetti collegando ricerca, formazione e applicazioni industriali, con particolare attenzione a sanità, pubblica amministrazione e innovazione sostenibile.
 

Quando è stata la prima volta in cui ha capito le potenzialità dell’Ia e quale è stato il pensiero più umano che è seguito all’entusiasmo di quel momento?

Quando ho sentito parlare delle leggendarie partite a scacchi tra il Deep Blue di IBM e Garry Kasparov, ero al liceo. A differenza di altri, provai subito una profonda curiosità: come poteva un computer sconfiggere il campione del mondo, e cos’altro avrebbe potuto fare questo sistema oltre agli scacchi? Quella curiosità probabilmente mi ha messo sulla strada per diventare scienziato.
 

Se dal punto di vista economico l’Ia costringerà il sistema a cambiare il mondo del lavoro (con la fine delle professioni tradizionali), in che modo porterà crescita e benessere?

Credo che pochissime professioni scompariranno del tutto. Più spesso, cambieranno i compiti al loro interno: attività di ricerca o comunicazione richiederanno meno tempo, lasciando più spazio agli aspetti unicamente umani del lavoro.
 

Può elencare tre situazioni o azioni che l’uomo smetterà definitivamente e con gioia di compiere nel 2026?

No. :)
 

Che cosa pensa di quelle persone che ritengono possibile un dialogo con gli strumenti di intelligenza artificiale? Lei ha mai sperimentato il dialogo con le chat di Ia? Se sì che cosa ha imparato?

Certo che il dialogo è possibile – è proprio la grande forza dei chatbot. Ci permettono di interagire con uno strumento potente nello stesso modo naturale con cui interagiamo tra di noi. Qualche anno fa, queste conversazioni rivelavano rapidamente i limiti dei sistemi. Oggi tali limiti emergono molto più tardi e in forme più sottili, il che porta alcune persone a fidarsi delle risposte più di quanto dovrebbero. Il mio consiglio: usate l’Ia a vostro vantaggio, ma restate sempre critici: a volte questi sistemi sono più eloquenti che lungimiranti.
 

In che modo uno dei concetti chiave della scienza del Novecento, quello di entropia, o teoria dell’informazione, che spesso è usato volgarmente per stabilire il primato del linguaggio umano su quello della macchina, può essere scardinato dall’Ia?

L’Ia è, in sostanza, un modo potente di estrarre schemi nascosti e correlazioni da grandi insiemi di dati. Ma se la risposta a una domanda non è contenuta nei dati, l’Ia – come qualsiasi altro metodo – non può inventarla. E anche quando la risposta è presente, indizi troppo sottili possono comunque sfuggire. Nonostante i progressi enormi degli ultimi anni, resta ancora moltissimo da scoprire: ed è proprio questo che rende il campo così entusiasmante e il mio lavoro così appagante.

Usate l’intelligenza artificiale a vostro vantaggio, ma restate sempre critici. A volte questi sistemi sono più eloquenti che lungimiranti

Credit: ABERRANT REALITIES


Florian Jug
Ha conseguito un dottorato in neuroscienze computazionali all’Institute of Theoretical Computer
Science dell’Eth di Zurigo. La sua ricerca oggi si basa su ciò che l’Ia e l’apprendimento automatico possono fare per analizzare i dati biologici.

 

Davide Burchiellaro
Managing Editor di Gente.it. È stato deputy of content a Linkiesta. Esperto di giornalismo digitale, ha ricoperto la carica di vicedirettore di Marieclaire.it. Ha lavorato per Panorama e Donna24, femminile del Sole24Ore.