La demografia per costruire il mondo di domani
La curva demografica non è puro destino già scritto, ma viene influenzata dalle scelte economiche e politiche. Gestire l’immigrazione, investire sull’educazione dei giovani e rendere un Paese inclusivo e aperto può fare la differenza
IL CONTESTO
Come incidere sulle dinamiche demografiche di un Paese? L’eccezionalità italiana, tra speranza di vita alta e bassa fecondità.
Immaginate un orologio analogico. La lancetta lunga, frenetica, è la politica; quella dei minuti è l’economia; la corta, lenta ma decisiva, è la demografia. Alfred Sauvy, il fondatore dell’Istituto Nazionale di Studi Demografici, nominato a Parigi dal Presidente De Gaulle nel 1945, ricordava che proprio la lancetta corta «è la più importante, anche se sembra immobile»: la lentezza dei fenomeni demografici li rende carichi di conseguenze, anche quando i contemporanei non li vedono o li sottovalutano. L’orologio potrebbe essere anche un’analogia utile per il settore assicurativo che vive di equilibrio fra rischi immediati e trend di lungo periodo. Partendo da questo e dall’Italia, vorrei spiegare perché dobbiamo tutti essere, almeno un po’, demografi.
Domani è oggi: l’eccezionale demografia italiana
La transizione demografica ha trasformato le nostre vite. Siamo passati dai circa 54 anni di durata media nella vita del 1924 agli 83,4 del 2024: quasi trent’anni su cento. Sono quattro mesi all’anno, o otto ore al giorno guadagnati costantemente nell’arco di un secolo. Come se ogni giorno fossimo invecchiati solo di sedici ore, con un bonus per il resto della giornata! Questo cambiamento ha cambiato la nostra idea di futuro, come individui, come società, come economia. Oggi possiamo programmare, investire, costruire. Non dobbiamo, però, commettere l’errore di pensare che la demografia sia puro destino già scritto. Pur essendo inerziale, la demografia viene influenzata dalle scelte economiche e politiche, e queste – a loro volta – possono imprimere correzioni rapide con effetti duraturi sul profilo della popolazione.
Per comprendere la portata della svolta, basta guardare la piramide per età al momento dell’unità d’Italia. Nel 1861 un italiano su tre aveva meno di 15 anni e solo il 4 per cento aveva almeno 65 anni; il rischio di morte precoce portava a uno spreco di giovani vite e rendeva fragile l’ordine tra generazioni. Oggi quella forma si è appiattita: sempre più coorti sopravvivono e scalano la piramide, portando con sé bisogni, aspirazioni, rischi.
La demografia è lenta. Per questo ci consente di disegnare gli scenari di lungo periodo. Oggi l’Italia è sul podio globale dell’invecchiamento. Sempre nel 2024, oltre il 24 per cento della popolazione ha 65 anni o più, a fronte di appena il 12,5 per cento di minori. Sullo sfondo, un altro record, quello della bassissima fecondità: 1,18 figli per donna nel 2024, il dato più basso mai registrato. L’inerzia demografica ci dà alcune certezze sul domani: le coorti già nate – 379mila nati nel 2024 – “viaggiano” verso l’alto della nave demografica italiana e, salvo migrazioni, fissano un tetto meccanico al numero di ventenni che avremo nel 2044.
La “nave demografica” rende visibile questo viaggio: si vede la stretta alla base (nascite) e l’allargamento dei ponti superiori (anziani).
Scelte politiche, dinamiche economiche e shock possono spostare però anche “la lancetta corta” della demografia. La pandemia da Covid-19 è stata un esempio lampante: uno shock che ha richiesto risposte rapide, con effetti che si sono propagati nelle traiettorie di salute, lavoro, istruzione. Intervenire è possibile, ma occorrono scelte coerenti con la doppia vista: alcune misure hanno impatti graduali e cumulativi, altre sono immediatamente visibili sui ponti intermedi.
In un Paese a bassa fecondità, l’immigrazione è già oggi una risposta demografica fondamentale: a differenza delle nascite, che agiscono lentamente alla base, i flussi in entrata incidono subito sui ponti centrali della nave. L’Italia, pur non essendo una “grande potenza migratoria” tradizionale, ha visto un’accelerazione eccezionale dagli anni Novanta a oggi: i residenti stranieri sono passati da 356mila nel 1991 a oltre cinque milioni, con più di 1,8 milioni di acquisizioni di cittadinanza nel ventennio e il record del 2024 del 9,2 per cento di stranieri residenti.
Occorre organizzare l’integrazione come investimento nel capitale umano, nella lingua, nei percorsi di formazione e lavoro, semplificando l’accesso alla cittadinanza per chi nasce o cresce in Italia. Per aree interne e piccoli comuni, dove spopolamento e invecchiamento sono più rapidi, l’afflusso di famiglie migranti può essere parte di una strategia di riequilibrio territoriale.
In un Paese a bassa fecondità, l’immigrazione è già oggi una risposta demografica: a differenza delle nascite, l’effetto può essere immediato
Il capitale umano: scuola, università e giovani
Abbiamo pochi bambini e pochi giovani. Come li trattiamo? Non particolarmente bene. La scuola è la base del capitale umano: ciò che accade tra 0 e 25 anni fissa competenze che restano per tutto il ciclo di vita. Se vogliamo prosperare in una società più longeva e dinamica, dobbiamo coltivare ogni talento, facendo emergere quello oggi è nascosto. Questo alla luce di un altro primato, che lascia però l’amaro in bocca. Nel 2024, il 31,6 per cento dei giovani tra 25 e 34 anni ha ottenuto una laurea universitaria. Si tratta, come nel caso della longevità, del dato più alto mai registrato in Italia. Tuttavia, non è un bel dato quando ci confrontiamo con gli altri Paesi: siamo i penultimi nell’Unione europea.
Cosa fare? Dobbiamo partire dalla scuola: obbligo scolastico fino a 18 anni, una scuola superiore con base comune più solida, scelta formativa posticipata e maggiore autonomia e responsabilità delle scuole con incentivi all’apprendimento. Occorre poi promuovere l’autonomia residenziale dei giovani, dagli studentati agli affitti accessibili per i primi lavori e la formazione di nuove famiglie. Mettere insieme risorse pubbliche e private è essenziale per creare un mercato della locazione più profondo e inclusivo. È anche una strategia di retention dei talenti: l’Italia deve apparire ai giovani come Paese di alta qualità della vita ma anche aperto, inclusivo e globale; altrimenti, chi ha più ambizione continuerà a pianificare l’uscita.
Quali sfide per il mondo assicurativo?
L’invecchiamento di successo è una conquista, sicuramente a livello individuale. Lo è, nella nostra epoca e in Italia, per la prima volta nella storia dell’umanità. Cambia però il mix dei rischi che gli individui si trovano ad affrontare, e la conseguente domanda di protezione.
Dal punto di vista assicurativo, ciò implica una governance del rischio capace di tenere insieme volatilità di breve e deriva di lungo periodo: pricing e riserve devono incorporare i movimenti lenti (invecchiamento, declino delle nascite, trasformazione familiare) e, insieme, la possibilità di shock esogeni (pandemie, eventi climatici estremi, ondate migratorie, rivoluzioni tecnologiche).
Vi sono, sul tema invecchiamento, tre temi principali.
- In primo luogo, la gestione del rischio di longevità: occorre innovare nella progettazione di rendite, piani previdenziali e soluzioni a vita intera, che combinino decumulo, garanzie di durata e flessibilità in presenza di percorsi lavorativi spezzati.
- Poi, visto l’emergere di patologie croniche durante una vita lunga, diventa centrale il Long-Term Care. Occorrono prodotti modulabili e integrabili con reti territoriali e tecnologie di assistenza domiciliare con forte focus su prevenzione delle non autosufficienze. Nella salute, dunque, il baricentro si sposta dalla cura alla prevenzione, lungo il corso di vita. La transizione digitale – se governata – consente medicina personalizzata, telemonitoraggio, aderenza terapeutica; ma porta nuovi rischi (benessere mentale, dipendenze digitali) da gestire con coperture e programmi di wellbeing dedicati.
- Pensiamo ai giovani e al capitale umano. Il domani delle imprese è l’oggi della scuola e dell’università: investire nel capitale umano riduce rischi macro (bassa crescita, scarsa produttività) e micro (sinistrosità correlata a fragilità socio-economiche).
Le compagnie possono attivare tre leve.
- In primo luogo, soluzioni educative assicurate, come polizze legate a obiettivi formativi (ad esempio, micro-borse, income protection per studenti, coperture per drop-out familiare).
- In secondo luogo, sviluppare partenariati scuola-impresa, sviluppando il sostegno a percorsi sempre più scientifici (non solo Stem).
- Infine, favorire programmi di selezione e upskilling che riducano mismatch e massimizzino la partecipazione, coerenti con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno, nel far emergere potenzialità e il talento nascosto.
L'APPROFONDIMENTO
Nave demografica
La rappresentazione della distribuzione della popolazione è di solito quella di una piramide, con una base ampia fatta di giovani e i più anziani in cima. L’erosione della natalità, insieme a un incremento dell’aspettativa di vita, ha portato a una modifica di questa immagine. La distribuzione demografica della popolazione assomiglia così più a una nave, con una parte centrale più larga, composta dai più numerosi anziani, e una base più stretta a causa delle fasce giovani meno numerose.
La gestione intelligente dei flussi migratori è anche una politica assicurativa: includere nuovi cittadini nei circuiti di protezione riduce la vulnerabilità sistemica e allarga la base dei rischi mutualizzabili. In un contesto dove l’immigrazione agisce subito sui ponti intermedi della nave, prodotti dedicati (coperture lavoro, salute, remittance insurance), servizi di orientamento e alfabetizzazione assicurativa, e percorsi accelerati di riconoscimento delle competenze possono trasformare una sfida in un moltiplicatore di stabilità. Questo richiede però politiche pubbliche che smettano di trattare la mobilità come una “permaemergenza” e adottino un approccio di integrazione strutturale.
L’invecchiamento e lo spopolamento accelerano nelle aree interne: qui la silver economy può diventare un laboratorio di soluzioni replicabili altrove – assicurative, tecnologiche, di servizio – capaci di tenere insieme qualità della vita, prossimità e sostenibilità finanziaria. Occorre sviluppare modelli territoriali di prevenzione (screening, mobilità sanitaria, teleassistenza) integrati con sconti premio e coaching; costruire ecosistemi locali con terzo settore e piccole e medie imprese per alloggi, co-housing intergenerazionale, micromobilità assistita; usare dati granulari per tarare sottoscrizione e claims management sul rischio reale di comunità diverse.
L’eccezionalità demografica italiana può rivelare anche opportunità su cui costruire vantaggi competitivi, ma servono azioni concrete
Un orizzonte di opportunità
L’Italia naviga su una “nave pioniera” dell’invecchiamento. Da qui derivano problemi reali – un rapporto di dipendenza che cambia, un mercato del lavoro con coorti più ridotte – ma anche opportunità su cui costruire vantaggi competitivi esportabili: la silver economy, servizi e tecnologie per l’autonomia, modelli di prevenzione e cura a domicilio, un capitale umano che, se ben formato, può posizionarci nel cuore delle catene globali del valore.
La rotta non si cambia con slogan o nostalgie: servono dati, sperimentazione, politiche che smettano di rincorrere il presente e inizino a governarlo. Il tempo sul nostro orologio passa anche se non lo tocchiamo; possiamo però sempre spostare le lancette. Per un gruppo assicurativo la chiamata è chiara: contribuire – con prodotti, investimenti e partnership – a spostare quelle lancette nella direzione giusta, trasformando rischi prevedibili in protezione sostenibile e crescita inclusiva.
La demografia non detta un destino; ci offre una mappa. Sta a noi, oggi, decidere dove mettere i porti, come equipaggiare la nave, quali correnti sfruttare. Se useremo la vista lunga dell’orologio e, quando serve, la prontezza del suo scatto, “domani è oggi” può diventare non solo un motto, ma un progetto condiviso.
Francesco C. Billari
Professore di demografia e rettore dell’Università Bocconi di Milano. Ha insegnato all’Università di Oxford e all’Istituto Max Planck. Ha scritto “Domani è oggi. Costruire il futuro con le lenti della demografia” (Egea).