Un punto di arrivo

Bruno Scaroni da AG SpA
Per me, che ho vissuto in un altro Gruppo internazionale e assicurativo e ho testato con mano cosa voglia dire lavorare da straniero in una realtà diversa dalla propria, l’aspetto migliore del lavorare nelle Generali è che mi (ci) rappresenta.

Il Leone di San Marco è un simbolo, potente ed evocativo, di valori fondanti della nostra cultura, oltre a essere un’insegna che parla di orgoglio, appartenenza, tradizione.

Tutto questo fa sì che per me le Generali siano un punto di arrivo, non di partenza.

 

L’integrazione in Italia – “Un momento che ha valso, e vale, una vita professionale”

Sicuramente, una delle cose che mi ha reso più fiero del lavoro fatto finora, e dell’opportunità di riuscire a essere organico alle Generali, è stata l’integrazione in Italia.

Avere il privilegio di spiegare a così tanti interlocutori sul mercato cosa fossero le Generali e come, sotto l’insegna del Leone, marchi storici come Toro e INA-Assitalia avrebbero potuto riguadagnare un afflato temporale nel futuro e una possibilità, è stato motivo di grande orgoglio.

Una quota parte significativa del mio sentirmi gratificato da questa opportunità professionale è stata anche legata a quel magico momento in cui c’è stata una squadra che ha lavorato con grande coesione, prima che arrivasse Philippe e dopo il suo arrivo.

Il contributo, l’allineamento, lo spalleggiarsi con Marco Sesana, Antonella Maier, Roberto Burlo, Manlio Lostuzzi –tutti in ruoli diversi da quelli odierni – e con tutta quella squadra di professionisti ha fatto sì che quell’operazione sia stata un successo inequivocabile, che ha dato soddisfazione ai nostri azionisti e che finora, a mio parere, ancora non abbiamo raccontato appieno sul mercato.

Non credo infatti che ci siano molti esempi di successo così eclatanti nell’ambito delle integrazioni di compagnie assicurative con reti proprietarie e con la regolamentazione specifica che c’è sul mercato italiano.

Per me, quel momento è valso, e vale, una vita professionale.

Non è stato l’unico: in questi otto anni di lavoro nelle Generali, sono stato davvero fortunato.

Europ Assistance – “Il bello di lavorare nell’assistenza? Senti di fare bene”

Anche quello in Europ Assistance Italia, dove dal 2014 ho ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato e Direttore Generale, è stato un percorso di successo, come si evince anche semplicemente dai risultati economici che siamo riusciti a ottenere nel corso di quei tre anni.

La mia interpretazione di quello che deve fare l’amministratore delegato di Europ Assistance Italia era tesa a essere di sostegno alla parte commerciale del business, una sorta di super direttore commerciale.

Su questo, mi sono impegnato a fondo per recuperare clienti sia in campo assicurativo, sia in altri ambiti in cui, fino ad allora, non avevamo mai veramente giocato la partita (es. telecom, utilities), o ancora cercando di prenderci tutto il mercato della croceristica.

All’epoca, era suddiviso tra noi e Allianz: ma assicurandoci Costa Crociere come cliente, abbiamo assunto un ruolo predominante in questo settore.

I successi di quegli anni sono stati determinati da un combinato disposto di vari fattori, tra cui – fondamentale – la squadra e l’altissimo senso di appartenenza.

In Europ Assistance Italia ho trovato un gruppo di persone estremamente valido: un direttore commerciale molto preparato, un direttore Marketing estremamente imprenditoriale, una responsabile delle Operations che a mio parere non ha eguali al mondo nella gestione di casi sanitari difficili, da tenere monitorati a migliaia di chilometri di distanza e ore di fuso orario.

Sono convinto che queste siano state le basi per riguadagnare parecchio terreno dal punto di vista commerciale.

C’è poi un aspetto particolarmente bello nel lavorare nell’assistenza: senti di fare bene, perché intervieni tempestivamente quando le persone hanno problemi che impattano sulle loro vite, anche dal punto di vista emotivo.

Se sei in autostrada nella corsia d’emergenza, con camion che ti sfrecciano a fianco a 120 Km/h, vuoi un intervento immediato, vuoi aiuto. Lo stesso vale quando hai un problema di salute, e magari sei dall’altra parte del mondo, o quando hai bisogno di servizi di assistenza domiciliare – che all’epoca erano un po’ un optional e che oggi, nel contesto del Covid-19, sono diventati parte imprescindibile dell’offerta.

 

Generali 2021 – “Il piano che avevamo costruito, aveva in sé gli ingredienti giusti”

La grande soddisfazione del piano strategico Generali 2021 per me si è materializzata quando abbiamo visto i risultati di fine anno del 2020, quindi l’11.03.2021.

Quel giorno abbiamo avuto la conferma che, da un punto di vista di top line, quindi di ricavi, nonostante fossimo entrati in grande parte dei nostri mercati in una forma d’interazione tutta digitale con i clienti, le nostre reti sono state in grado di servire la clientela, esaudirne le esigenza assicurative e collocare i giusti prodotti.

Questo per me è stato fonte di grande soddisfazione: il piano che avevamo costruito – legato alla digitalizzazione, alla remotizzazione della forza lavoro interna delle Generali – aveva in sé quegli ingredienti che ci hanno portato a vivere il periodo del 2020 – e quello attuale – con gli strumenti giusti.

Ovviamente, è una soddisfazione che non riguarda solo me, ma che condivido con molti, a partire dai colleghi HR e Operations. Lo slancio con cui, già in epoca pre-pandemia, hanno agito sullo smart working ha fatto sì che, quando tutti noi abbiamo dovuto lavorare da remoto, praticamente da un giorno all’altro, il sistema abbia tenuto.

Il nostro Gruppo, ancora una volta, ha dato prova della propria resilienza, che viene alimentata dalla capacità di innovare e che ci consente, giorno dopo giorno, di continuare a mantenere le nostre promesse.

Un punto di arrivo

Per me, che ho vissuto in un altro Gruppo internazionale e assicurativo e ho testato con mano cosa voglia dire lavorare da straniero in una realtà diversa dalla propria, l’aspetto migliore del lavorare nelle Generali è che mi (ci) rappresenta.

Il Leone di San Marco è un simbolo, potente ed evocativo, di valori fondanti della nostra cultura, oltre a essere un’insegna che parla di orgoglio, appartenenza, tradizione.

Tutto questo fa sì che per me le Generali siano un punto di arrivo, non di partenza.

 

L’integrazione in Italia – “Un momento che ha valso, e vale, una vita professionale”

Sicuramente, una delle cose che mi ha reso più fiero del lavoro fatto finora, e dell’opportunità di riuscire a essere organico alle Generali, è stata l’integrazione in Italia.

Avere il privilegio di spiegare a così tanti interlocutori sul mercato cosa fossero le Generali e come, sotto l’insegna del Leone, marchi storici come Toro e INA-Assitalia avrebbero potuto riguadagnare un afflato temporale nel futuro e una possibilità, è stato motivo di grande orgoglio.

Una quota parte significativa del mio sentirmi gratificato da questa opportunità professionale è stata anche legata a quel magico momento in cui c’è stata una squadra che ha lavorato con grande coesione, prima che arrivasse Philippe e dopo il suo arrivo.

Il contributo, l’allineamento, lo spalleggiarsi con Marco Sesana, Antonella Maier, Roberto Burlo, Manlio Lostuzzi –tutti in ruoli diversi da quelli odierni – e con tutta quella squadra di professionisti ha fatto sì che quell’operazione sia stata un successo inequivocabile, che ha dato soddisfazione ai nostri azionisti e che finora, a mio parere, ancora non abbiamo raccontato appieno sul mercato.

Non credo infatti che ci siano molti esempi di successo così eclatanti nell’ambito delle integrazioni di compagnie assicurative con reti proprietarie e con la regolamentazione specifica che c’è sul mercato italiano.

Per me, quel momento è valso, e vale, una vita professionale.

Non è stato l’unico: in questi otto anni di lavoro nelle Generali, sono stato davvero fortunato.

Europ Assistance – “Il bello di lavorare nell’assistenza? Senti di fare bene”

Anche quello in Europ Assistance Italia, dove dal 2014 ho ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato e Direttore Generale, è stato un percorso di successo, come si evince anche semplicemente dai risultati economici che siamo riusciti a ottenere nel corso di quei tre anni.

La mia interpretazione di quello che deve fare l’amministratore delegato di Europ Assistance Italia era tesa a essere di sostegno alla parte commerciale del business, una sorta di super direttore commerciale.

Su questo, mi sono impegnato a fondo per recuperare clienti sia in campo assicurativo, sia in altri ambiti in cui, fino ad allora, non avevamo mai veramente giocato la partita (es. telecom, utilities), o ancora cercando di prenderci tutto il mercato della croceristica.

All’epoca, era suddiviso tra noi e Allianz: ma assicurandoci Costa Crociere come cliente, abbiamo assunto un ruolo predominante in questo settore.

I successi di quegli anni sono stati determinati da un combinato disposto di vari fattori, tra cui – fondamentale – la squadra e l’altissimo senso di appartenenza.

In Europ Assistance Italia ho trovato un gruppo di persone estremamente valido: un direttore commerciale molto preparato, un direttore Marketing estremamente imprenditoriale, una responsabile delle Operations che a mio parere non ha eguali al mondo nella gestione di casi sanitari difficili, da tenere monitorati a migliaia di chilometri di distanza e ore di fuso orario.

Sono convinto che queste siano state le basi per riguadagnare parecchio terreno dal punto di vista commerciale.

C’è poi un aspetto particolarmente bello nel lavorare nell’assistenza: senti di fare bene, perché intervieni tempestivamente quando le persone hanno problemi che impattano sulle loro vite, anche dal punto di vista emotivo.

Se sei in autostrada nella corsia d’emergenza, con camion che ti sfrecciano a fianco a 120 Km/h, vuoi un intervento immediato, vuoi aiuto. Lo stesso vale quando hai un problema di salute, e magari sei dall’altra parte del mondo, o quando hai bisogno di servizi di assistenza domiciliare – che all’epoca erano un po’ un optional e che oggi, nel contesto del Covid-19, sono diventati parte imprescindibile dell’offerta.

 

Generali 2021 – “Il piano che avevamo costruito, aveva in sé gli ingredienti giusti”

La grande soddisfazione del piano strategico Generali 2021 per me si è materializzata quando abbiamo visto i risultati di fine anno del 2020, quindi l’11.03.2021.

Quel giorno abbiamo avuto la conferma che, da un punto di vista di top line, quindi di ricavi, nonostante fossimo entrati in grande parte dei nostri mercati in una forma d’interazione tutta digitale con i clienti, le nostre reti sono state in grado di servire la clientela, esaudirne le esigenza assicurative e collocare i giusti prodotti.

Questo per me è stato fonte di grande soddisfazione: il piano che avevamo costruito – legato alla digitalizzazione, alla remotizzazione della forza lavoro interna delle Generali – aveva in sé quegli ingredienti che ci hanno portato a vivere il periodo del 2020 – e quello attuale – con gli strumenti giusti.

Ovviamente, è una soddisfazione che non riguarda solo me, ma che condivido con molti, a partire dai colleghi HR e Operations. Lo slancio con cui, già in epoca pre-pandemia, hanno agito sullo smart working ha fatto sì che, quando tutti noi abbiamo dovuto lavorare da remoto, praticamente da un giorno all’altro, il sistema abbia tenuto.

Il nostro Gruppo, ancora una volta, ha dato prova della propria resilienza, che viene alimentata dalla capacità di innovare e che ci consente, giorno dopo giorno, di continuare a mantenere le nostre promesse.