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Metropolis

L’urbanizzazione e le città del futuro

Shanghai

Oggi nel mondo ci sono 11 città con più di 10 milioni di abitanti e 34 con più di 5 milioni. Ben 243 milioni di americani si concentrano nel tre per cento dei territori urbani degli Stati Uniti e a Tokyo e nel circondario – l'area metropolitana più produttiva del mondo – risiedono 36 milioni di persone. 12 milioni vivono nel cuore di Mumbai e quasi altrettanti a Shanghai. In un pianeta dai grandi spazi, noi scegliamo le città.

 

Per quanto sia diventato pratico ed economico viaggiare tra luoghi molto distanti o lavorare in rete, un numero sempre crescente di persone si raggruppa nelle grandi aree metropolitane. Ogni mese 5 milioni in più di persone vanno a vivere nelle città dei paesi in via di sviluppo, e nel 2011 più della metà della popolazione mondiale è risultata essere urbana.

 

La metropolizzazione dell'umanità è un fatto storico inarrestabile. L’idiosincrasia delle metropoli a sottostare alle leggi degli Stati di cui fanno parte – pensate a Londra e all'Inghilterra –, lo è altrettanto. 

Dubai

Singapore, Hong Kong, Dubai. L’economista americano Paul Romer le chiama charter city, città extraterritoriali, non sottoposte cioè alle leggi del Paese di cui fanno parte, ma a regole speciali, sottoscritte e rispettate da chi le abita. Nuove Città-Stato, potremmo dire: la versione contemporanea delle poleis greche o dei comuni medievali. In poche parole, la nuova forma attraverso cui, nell'andamento ciclico della storia, le città si stanno prendendo la loro rivincita nei confronti degli Stati.

 

Edward Glaeser, professore di Economia a Harvard, è forse la più grande autorità mondiale quando si parla di città, cioè di quella che lui stesso ha definito “la più grande invenzione dell'umanità”, il vero motore del progresso.

 

Come Adam Smith a suo tempo ha cercato di capire le cause della ricchezza delle nazioni, Glaeser si è focalizzato sulle cause della ricchezza delle città e sull’interazione fra queste e il benessere nazionale. La sua analisi ha rivoluzionato la urban economics e ha offerto una nuova prospettiva sulle politiche volte a favorire lo sviluppo economico delle città e delle regioni in cui sono localizzate. 

 

Nel suo saggio Il trionfo delle città – in cui emerge tutto il suo amore per la New York della sua infanzia – spiega come oggi siano i grandi centri urbani a «esaltare le forze dell’umanità», a moltiplicare le interazioni tra idee geniali, ad attrarre i talenti e i capitali, a essere l'unico luogo in cui si può elevare il proprio status sociale.

 

Secondo qualcuno il prossimo grande scontro sociale sarà tra gli abitanti delle città e quelli delle terre a esse circostanti. Secondo altri questo conflitto non avrà mai luogo e prima o poi tutta l'umanità finirà per coagularsi attorno a pochi, enormi centri urbani. Per altri, infine – tra cui Paul Romer – dovrebbero essere gli Stati stessi a farsi carico di costruire delle charter city sul loro territorio, offrendo la possibilità di creare da zero le proprie regole, a misura di chi le vuole abitare o di chi ci vuole investire. Per poi diffonderle altrove, per osmosi. Qualunque cosa succeda però, a quanto sembra, il futuro è delle città e di chi le abita. 

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